Iper-Romanzo


All’inizio degli anni ’90 ho collaborato alle pagine culturali del Giornale. Ecco un mio articolo. Un’altro potete leggerlo qui.

Quale futuro per la parola scritta, e per il libro così come lo conosciamo, nello scenario sempre più dominato dall’elettronica?
Risale al 1987 Afternoon, a story, di Michael Joyce -un’opera che senza il tramite del computer non avrebbero potuto essere scritta, e che senza il tramite del computer non può essere letta. Ora al Salone del Libro viene presentato il lavoro di un epigono italiano. Ra-dio, scritto, se così si può dire, da Lorenzo Miglioli, edito da Synergon in accordo con Elettrolibri e Human System sarà posto sul mercato in una unica confezione assieme a Afternoon.
La questione potrebbe essere facilmente liquidata, non senza qualche ragione, affermando che questi romanzi da leggere sul video sembrano destinati ad entrare in concorrenza non con il libro, ma semmai con cinema o televisione. O, meglio ancora, con i videogiochi, di cui sono la versione colta e raffinata: come in un videogioco, e come la spettatrice della Rosa purpurea del Cairo di Woody Allen, il ‘lettore’ (le virgolette sono d’obbligo) entra con grande verosimiglianza all’interno della scena narrata, si muove all’interno del racconto come un personaggio, naviga nel testo determinandone gli sviluppi e la soluzione finale.
E si potrebbe anche aggiungere che questi testi (‘iper’, appunto, per come ‘trascendono’ il testo classico), mischiando la parola con le immagini, non ampliano, ma limitano il campo aperto al sogno e all’immaginazione. Sostituire alla parola scritta messaggi visivi non significa certo arricchire il lettore. Significa impoverirlo. Perché il piacere della lettura nasce proprio dalla mediazione della parola, dal potere evocativo di questi segni grafici ai quali da millenni abbiamo appreso ad attribuire significati.
Del resto, a conferma del primato della parola scritta potrebbe essere aggiunto che la stessa cultura sulla quale si fonda l’iper-testo è stata, prima che qualsiasi iper-testo fosse prodotto, benissimo descritta in libri, normalissimi libri che possiamo tenere in mano, leggere e sfogliare come siamo abituati. Proviamo a rileggere Negromante (Editrice Nord) o La notte che bruciammo Chrome (Urania Mondadori 1110) di William Gibson, pagine visionarie, che hanno anche aperto nuove frontiere agli ingegneri del software, ma che sono stati scritte con una vecchia Underwood.
Eppure, veramente, l’elettronica può aiutarci a ‘trascendere’ il libro. Non cambierà la sostanza della lettura: anche con il buon vecchio libro intergiamo a nostro piacimento, possiamo leggere velocemente o a salti, andare subito al finale e poi leggere a ritroso. Solo che la forma stessa del libro limita la nostra libertà. Come posso ritrovare il punto che mi era piaciuto? come posso ricostruire il romanzo mettendo insieme i capitoli, o i paragrafi, che parlano di un personaggio? Se invece leggo il mio testo a partire da una memoria elettronica le frontiere della lettura saranno allargate, il ‘piacere del testo’ accresciuto.
Dunque, non pare ci sia da temere per la sorte del romanzo fatto di parole scritte. Però si deve pensare che le nuove opportunità offerte dalla tecnologia cambieranno il modo di leggere, e che forse il romanzo si evolverà verso forme più consone a questa lettura più libera.
Il romanzo, allora, sarà una sorta di scatola di montaggio. Sarà fatto di parti staccate che potranno essere montate e smontate da un lettore tramite il computer. Ci si potrà sempre pigramente limitare a seguire una sequenza predeterminata- magari la stessa proposta nella versione del romanzo posta su mercato sotto forma di libro tradizionale. Ma resterà aperta al lettore la possibilità di costruirsi, attraverso il proprio computer e la propria stampante, infiniti libri, con sviluppi narrativi e finali diversi.
Non si deve nemmeno pensare che si tratti di libri ancora da scrivere. Esistono romanzi che sembrano invocare ‘macchine per leggere’. Ne cito uno solo: Rayuela (Il gioco del mondo, Einaudi), di Julio Cortázar, 155 capitoli aperti ai più diversi percorsi di lettura.
Lo stesso Cortázar racconta divertito (nella Vuelta al día en ochenta mundos) di quando gli fu sottoposto il progetto di una macchina per leggere Rayuela. Denominata Rayuel-O-Matic, era ancora un artefatto elettromeccanico (si era negli anni sessanta), un archivio di cassettini dal quale il lettore -per sua comodità disteso su un letto- tramite una rudimentale tastiera poteva estrarre i diversi capitoli, scegliendo a suo piacimento la sequenza. Le macchine di oggi sono forse meno amichevoli. Ma si può sperare che la maggiore complessità si traduca in maggiore flessibilità: scelte di lettura più articolate, più personali.