Recensione di Giuseppe Varchetta a ‘Il Project Management emergente’


Trascrivo qui la recensione di Giuseppe Varchetta a Il Project Management emergente. (con Walter Ginevri (a cura di), Il Project Management emergente. Il progetto come sistema complesso, Guerini e Associati, 2009. Traduzione in inglese: Projects and Complexity, CRC Press (Taylor & Francis Group), 2012.

La recensione è apparsa su Direzione del Personale, organo dell’AIDP, Associazione Italiana per la Direzione del Personale, e poi in Dario Forti e Giuseppe Varchetta, Leggere, Formare, Gestire. 20 anni di recensioni per formatori e direttori del personale, Franco Angeli, 2013.

Francesco Varanini, Walter Ginevri (a cura di), “Il project management emergente. Il progetto come sistema complesso”, Guerini e Associati, Milano, 2009, € 28,50

Escono tanti libri; molti dicono troppi, in tutti i settori dell’editoria e anche nella pubblicistica organizzativa e manageriale. C’è il rischio di essere sommersi da una valanga di carta che una industria culturale come quella del nostro Paese non riesca a presentare ai potenziali lettori con la auspicabile attenzione e cura. All’onda cartacea si aggiunge da qualche tempo quella del mondo 2.0, che con modalità diverse, più intrusive e ancora più seducenti attacca la nostra capacità di attenzione, di archiviazione, di memoria.
Si avvertono insieme all’euforia, alle curiosità crescenti, corrispondenti cadute di attenzione e un disagio crescente nutrito dal timore di perdere opportunità, di emarginazione, di un “essere tagliati fuori” da territori percepiti come rilevanti ma insieme non sempre percorribili.
Vi è il rischio alto – già segnalato in questa rubrica – che voci, testimonianze, libri importanti, spariscano in fretta, escano veloci dalle librerie con la pari velocità con la quale vi sono entrati e cadano in fretta nel dimenticatoio. Talvolta tali eventi coincidono con la perdita di un appuntamento prezioso. E’ il caso per esempio del libro che proponiamo alle lettrici e ai lettori curato da Varanini e Ginevri, del quale segnaliamo la centralità e rilevanza al di là della portata del tema centrale della loro ricerca.
La letteratura anche di sola lingua italiana sul project management è ormai copiosa; è tuttavia per lo più orientata a presentare e divulgare best pratices, a proporre, talvolta con lodevole chiarezza e diligenza, i cardini istituzionali di tale tecnologia manageriale, che negli ultimi vent’anni ha rovesciato le ipotesi correnti fino agli anni ’80 di “governo di sistemi organizzativi mutevoli e complessi, tesi a uno scopo preciso”. Questo è un libro diverso che nasce da un progetto, da una proposta che uno dei due curatori, Varanini, ha sottoposto al PMI, Northern Italy Chapter, un’associazione professionale, punto di riferimento per le problematiche del project management. L’idea semplice e insieme complessa di Varanini era “quella di studiare la natura del progetto come sistema complesso” .
La pronta adesione dell’associazione coinvolta ha, con felice ricorsività, suggerito la struttura del volume in tre parti: una parte dedicata al metodo del project management narrato per temi diversi da 12 autori autodefinitisi “Complexnauti”, dichiaratamente aperti alla prospettiva epistemologica e alla sfida della complessità; una seconda parte, che nella struttura del libro precede quella del “Metodo narrato”, intitolata “Consigli ai naviganti” e sviluppata da quattro viaggiatori esperti, “che operando in ambiti molto diversi (filosofia della scienza, nuovi modelli di leadership in campo militare, nuovi modelli di management aziendale) avevano da tempo raccolto la sfida della complessità”; la terza parte del libro – in realtà il primo paragrafo della seconda parte “Consigli ai naviganti” è una lunga introduzione di Francesco Varanini, che in sessanta pagine attraversa con sguardi diversi, ma all’interno di un intreccio coerente, le tematiche e le sfide più rilevanti del project management.
Il contributo di Varanini – senza togliere nulla alla ricerca e alle riflessioni degli altri autori – condensa gran parte del valore del volume e obbliga al confronto con prospettive, in sé diverse ma interconnesse e relative alla visione del project management come “emergenza”: il progetto infatti è prima di tutto una rete, appare con peculiarità diverse a seconda della diversa posizione dell’osservatore, si auto genera nel tempo, è più della somma delle sue parti e costringe i suoi attori a confrontarsi con un universo quotidianamente imprevedibile e inventariabile.
Leggere queste prime sessanta pagine del libro di Varanini e Ginevri è stata l’occasione di ripercorrere universi concettuali densi, che in questi anni si sono spesso riproposti in occasioni diverse ma tutte riconducibili all’esigenza di un profondo cambio di sguardi e di prospettive, come quello indicato dalla sfida della complessità. Senza alcuna ambizione di organicità che scrive si prova a trascrivere i passaggi più rilevanti del suo appuntare durante la lettura.

Progetto si può muovere in sé nella progettualità e insieme nella proiezione. “Progettare” e “proiettare” nascono entrambi dal latino proiecere, “gettare aventi”, ma ciò che si “proietta” è un desiderio intenzionato a alterare fino alla sua modificazione l’immagine dell’Altro e del proprio rapporto con l’Altro, mentre ciò che si “progetta” è una domanda carica di attenzione che non mira a modificare l’Altro, ma il mondo, il senso del mondo, insieme con l’Altro1.

Il volume ha nel titolo l’aggettivo emergente. L’emergenza è una categoria fondamentale della riflessione filosofica ed epistemologica di questi anni, che ha come segnato un passaggio d’epoca nel senso che può indicare il venir meno dell’imperativo e del modello del compimento e indicare la necessità di un’abitudine alla incompiutezza nel senso dell’accettare di essere ciò che si diviene senza alcuna consacrazione finale. Francisco Varela in un non dimenticato contributo di qualche anno fa sosteneva che la nozione di emergenza è “essenzialmente la costatazione che ci sono in natura tutta una serie di processi, retti da regole locali, con piccole interazioni locali, che, messi in condizioni appropriate, danno origine a un nuovo livello a cui bisogna riconoscere una specifica identità”2

Recentemente la sociologia più attenta ha osservato come “nella cultura manageriale degli anni ’90 la nozione di progetto sostituisca quella di programmazione per indicare la portata di breve periodo e sempre rivedibile dei programmi di produzione: Così, a livello di vita, l’idea di progetto rispecchia tale orientamento, con l’enfasi posta su periodi temporali ristretti e sulla reversibilità”3 La razionalità burocratica della modernità è stata sostituita dalla prospettiva del just in time all’interno del quale è l’adattamento rapido alle varianze e alle prevedibili differenze il vero punto di forza. La flessibilità diventa il valore assoluto e irrinunciabile. La sociologia indica l’idea di progetto come una sorta di anello di congiunzione tra i nuovi sistemi organizzativi e le nuove soggettualità: il progetto si offre come una sorta di contenitore nel quale individualità e flessibilità possono trovare una più avanzata armonia. Sono prospettive queste che Boltanski e Chiapello codificano nella “Cité par project”, dove l’ordine è provvisorio e tendenzialmente parziale e dove mobilità e creazione vengono il più possibile valorizzate. Nuove modalità di lavoro si sposerebbero con nuove biografie personali caratterizzate da una forte frammentazione della vita all’interno della quale l’idea di una biografia consapevole sembrerebbe aver sempre meno cittadinanza.

Sono riflessioni queste di segno discordante che gli osservatori contemporanei propongono da punti di osservazione diversi e che indubbiamente colorano tutta la prospettiva del project management con connotazioni problematiche. Varanini, nel suo saggio, raccoglie la sfida: attraverso “uno sguardo umanistico” non evita nessuna asprezza, coglie tutte le ambiguità e ci conduce per mano costringendoci ad una immersione profonda nelle tematiche dense, generate da un’accezione la più apertamente attuale del project management. Immergersi a lungo, riflettere compiutamente, sono secondo l’autore le uniche modalità possibile per cogliere e uncinare le innumerevoli angolature del project management emergente e diventarne attori consapevoli.
L’uso difensivo della pianificazione svilisce il progetto nel senso “che il progetto, schiacciato sul piano, inteso come predeterminazione del futuro, è liberato dall’incertezza; ma così, spogliato di aspetti essenziali: speranza, sogno, novità” (ivi pag. 13).
La semplificazione è un sentimento accettabile, generatosi negli umani di fronte al mistero della vita, ma non è accettabile come una misurazione della realtà che resta irriducibilmente complessa (ivi pagg. 16-18).
Il project manager non è solo un manager a tutto tondo ma è “il manager del futuro, è la figura che si permette di guardare oltre i limiti del management … e si confronta con obiettivi assegnati … assumendo su di sé il peso del vincolo da rispettare (ivi pag. 18).
“Il progetto non può essere totalmente dominato … può essere solo narrato. Il project manager … è portatore di un punto di vista e, da quel punto di vista narratore” (ivi pag. 18)
“ La conoscenza si costruisce per approssimazione. Il lavoro è frutto di esperienza, di tentativi e di errori compiuti istante dopo istante … la fedeltà di ognuna delle professionalità coinvolte nel progetto al proprio manuale tecnico porta al fallimento del progetto. Non c’è perfezione tecnica ma diverse perfezioni tecniche. … Il project manager … resta lontano dalla perfezione divina. Adattatore, traduttore, creatore di un contesto per nessuno ideale ma nei limiti del possibile per tutti vivibile, il project manager è testimone della consapevolezza che vuole il meglio nemico del bene – perché dove uno vede la perfezione l’altro vede il difetto. Il project manager è chiamato a difendere l’imperfezione, … accetta la complessità (ivi pag. 28).
Chrónos è il tempo che vincola che divora le nostre aspettative e che ci accomuna in una soverchiante indifferenziazione e che consuma la nostra vita, nostro malgrado. Kairós è il tempo che riusciamo a vivere esprimendo la nostra soggettualità e dove cogliamo le nostre opportunità, le circostanze che sa sempre sogniamo. Dove c’è tanto chrónos non c’è kairós; dove c’è tanto kairós c’è poco chrónos. La sfida del project manager è quella di far vivere il progetto come tempo opportuno, non ridotto a pianificazione e controllo.
Il project manager è un personaggio misterioso – ricorda ai cinefili il personaggio del capitano comandante della pattuglia raccogliticcia nel film di Spielberg che dopo lo sbarco in Normandia riceve il compito di ricercare il soldato Rayan, l’ultimo sopravvissuto di quattro fratelli – “il cui compito si definisce giorno per giorno, al quale è affidato un ruolo importante e decisivo per la storia del progetto: essere al servizio” (ivi pag. 53). Servizio può essere limitatamente servire ma anche aprirsi, ad un’attenta analisi etimologica, alle prospettive del vedere, del guardare, del conservare, del proteggere, fino al custodire. Lungo questa traccia il project management “è connesso alla visione – al lumen -, alla saggezza, alla conoscenza”.
In ultima analisi – ci suggerisce Varanini – di fronte alla complessità ogni strumento può presidiare un solo aspetto, senza alcuna possibilità di generalizzazione. La sfida della complessità può essere raccolta non auspicando nuovi strumenti o strumenti aggiuntivi, ma orientarsi a una scelta più umile, come quella di “dotarci di una scatola degli attrezzi che ci permetta di creare strumenti di volta in volta adeguati. Dovremmo – conclude Varanini – magari parlare di me-strumenti o di deutero-strumenti” (ivi pag. 62).
La sfida è in altre parole quella di cogliere ogni emergenza, di essere capaci di ascolto di ogni segnale debole e di pensare che ogni momento che passa abbia una sua peculiarità per cogliere la quale ci si debba “armare” di stupore e di attenzione.
Sono pagine preziose che, indirizzate dall’introduzione di Varanini costituiscono tutte nel loro complesso, attraverso una lettura organica delle tre parti indicate, un’esperienza intellettuale al di là dell’approfondimento della tematica del project management, costituendo un’avventura esplorativa dentro i nodi più urgenti dell’esperienza organizzativa e manageriale contemporanea.

Giuseppe Varchetta