La formazione come gratuità. 13 giugno 2013 ore 17-20.30, a Milano presso la Casa di Vetro


Cosa è la formazione, a cosa serve la formazione. Formazione per chi. Come e perché possiamo considerarci formatori. Di quale formazione ha bisogno ognuno di noi, che formazione ognuno di noi è in grado di offrire agli altri.

L’incontro si svolge giovedì 13 giugno, dalle 17.30 alle 20, presso la Casa di Vetro, via Luisa Sanfelice 3, Milano.

Parteciperanno alla riflessione insieme a me:
– Enzo Spaltro, Presidente Nazionale AIF
– Gianluca Bocchi, Filosofo della Scienza
– Sergio Capranico, Psicologo, formatore
– Enrico Parsi, Direttore Scuola Coop
– Franca Pelucchi, Formatore
– Sergio Soavi, Responsabile Prodotti Tipici, Coop Italia; con lui: Nicola Bertinelli, Azienda Agricola Bertinelli (Parmigiano Reggiano); Italo Dalla Corte, Birrificio Pedavena.

In conclusione -seguendo il filo dell’analogia che ci sarà proposta da Sergio Soavi- mangeremo e berremo qualcosa insieme.

Di cosa parleremo, cerco di dirlo qui. E scusatemi se non sono molto sintetico. Del resto, non si tratta di affermare principi o pretese verità, ma di ragionare insieme.

In un momento in cui il nostro paese deve ritrovare una propria strada, in un momento in cui il futuro appare incerto, la formazione è specialmente importante.
Non serve però affrontare l’argomento dal punto di vista del ‘mercato della formazione’. Ci siamo già detti molte volte che il mercato della formazione è depresso. Ci siamo già detti molte volte che i manager sono generalmente poco attenti alla propria formazione, e poco propensi ad investire nella formazione delle persone che lavorano con loro. Ci siamo già detti anche che l’Italia, in tema di formazione, sconta un deficit di attenzione e di investimenti rispetto agli altri paesi europei.
Per questa via però si finisce per porre al centro dell’attenzione non più la formazione in sé, ma il marketing della formazione. Si finisce per anteporre il tema: ‘come finanziare la formazione’ al vero tema, che è: ‘quale formazione serve davvero’.
Si svilisce troppo spesso la formazione, considerandola come merce. Il modo di vendere e di comprare formazione oscura il ‘vivere la formazione’.
Dobbiamo invece tornare alle radici della formazione, al suo senso profondo.
La formazione è cura, attenzione per se stessi e per il mondo. Da solo, utilizzando le risorse offerte dalla Rete, investo su me stesso, senza pensare, al momento, quale sarà il preciso ritorno. In aula, insieme, partecipiamo ad una trasformazione che genera valore: la conoscenza emerge dalla relazione, dallo scambio, dalla condivisione.
La formazione è ‘cura’ portata all’estremo: ‘curiosità’. Curiositas è prendersi cura di ciò che non ci riguarda direttamente, immediatamente. La formazione è giocare con la conoscenza, insieme, senza limitarsi ad un programma, a uno scopo già definito.
La formazione  è un dono, il cui valore può essere definito solo durante il processo, durante la relazione, come accordo tra i diversi soggetti coinvolti.
Guardando poi la questione da un altro punto di vista, si può notare come ormai, sempre più spesso, si faccia  formazione in azienda solo se si tratta di ‘formazione finanziata’.

Per tutto questo giova ragionare a proposito di gratuità. La formazione è intimamente connaturata con la gratuità. Non può darsi formazione senza gratuità.

La cura, l’attenzione per se stessi e per gli altri e per il mondo, non hanno prezzo. La formazione è attività troppo preziosa per essere misurata esclusivamente per mezzo di metriche univoche, unilineari, contabili.

Si può citare Amartya Sen: “Ridurre ad un solo quantum omogeneo tutto ciò cui abbiamo motivo di dare valore non è possibile”. Si può citare Baruch Lev: “Sostenere che gli asset tangibili dovrebbero essere misurati e valorizzati, mentre quelli intangibili no, equivale a sostenere che le ‘cose’ hanno valore mentre le ‘idee’ no”.
E’ giusto che attorno a questi temi torni ad interrogarsi l’associazione che si propone come punto di riferimento per i formatori italiani. Se la formazione ha sempre a che fare con la gratuità, è giusto che l’associazione che raccoglie i formatori si interroghi a proposito della propria capacità  di proporsi come ‘spazio gratuito’ –  luogo dove la cura, l’attenzione per le persone e per il mondo prevalgano sull’attenzione al numero dei soci tesserati e all’entità del denaro di cui si dispone.
Non si tratta di disprezzare il denaro, né di trascurare le regole della buona amministrazione. Si tratta semmai di ricordare che una associazione vive di prestazioni gratuite. Si tratta di ricordare anche che non c’è sana ‘economia di mercato’ se si esclude dalla scena il dono: l’offerta non imposta, non vincolante, che lascia all’altro la possibilità di provare e di scegliere. E di provare gratitudine.

Ho condiviso in varie occasioni questi ragionamenti con diversi amici. Finché mi è stato chiesto dall’Aif, Associazione Italiana Formatori, di organizzare un incontro.