Esseredigitale. Un nuovo modo di essere cittadini, lavoratori, manager. 30 maggio 2018, Milano


Mercoldì 30 maggio 2018 09- 17, presso Enterprise Hotel, Corso Sempione, 91 , Milano

Sul sito Este.it trovate il programma dettagliato e le modalità di iscrizione.

Ogni persona e ogni azienda è chiamata ad essere giorno dopo giorno più digitale. La voce degli esperti chiama ognuno ad una digital transformation – o come qualcuno preferisce dire, in modo più apocalittico: digital disruption. A questo pressante appello non sempre si accompagna la riflessione. Il convegno EssereDigitale, giunto alla seconda edizione, dopo il successo dell’anno scorso, si propone come occasione per ragionare attorno all’argomento con calma e profondità.
Per alcuni, il passaggio al digitale è solo una questione di tecnologia. Per altri, un modo nuovo di intendere il business. Più in generale, è giusto parlare di un cambiamento culturale. Con l’uso di computer -sono computer anche gli smartphone- cambia non solo il modo di governare le organizzazioni, non solo il modo di lavorare, ma in senso lato la vita stessa di ogni essere umano.
Esistono due diversi modi di guardare a questo epocale cambiamento. Da un lato, l’essere digitali. Il plurale suggerisce l’idea di una massa di persone costrette a transitare collettivamente, e passivamente, verso l’uso di strumenti digitali. Dall’altro, l’essere digitale. Qui è esclusa l’idea della massa indistinta e del passivo adeguamento. Anzi, all’opposto, si considera come ogni singola persona possa trovare negli strumenti digitali la possibilità di essere più creativa, più informata, più libera, più responsabile.
Essere digitale significa dunque allargare l’area della propria coscienza. La scena digitale può essere intesa in questo modo: un nuovo territorio che ha del meraviglioso, ma nel quale dobbiamo imparare a muoverci.
Ci chiederemo quindi, nel corso del convegno, come manager e consulenti – e in special modo due figure: i Direttori del Personale e specialisti dotati di competenze informatiche e digitali – possano accompagnare le persone verso un nuovo modo di essere presenti nel lavoro e le organizzazioni verso una loro nuova definizione.

Aprirò il Convegno -di cui sono responsabile scientifico- con una riflessione sul concetto di Disruption.
Disruption. Il passaggio al digitale come percorso verso nuove libertà
La retorica del nuovo, imperante nel campo digitale, fa sì che non basti dire digital divide. Serve una immagine più forte. È diventata quindi di uso comune l’espressione digital disruption.
In latino il verbo disrupto – anteponendo dis, che parla di separazione, a rupto, “rompo” – esprimeva già un senso di definitiva, irreversibile rottura: “fare a pezzi”, “squarciare”, “spezzare”, “aprirsi”, “squarciarsi”, “spaccarsi”–. Nell’inglese del 1600 la disruption è l’effetto dei giganteschi terremoti che spaccano la superficie del pianeta. Riprendendo questa espressione si vuole forse oggi ammonire i manager, i lavoratori e i cittadini tutti. Disruption appare espressione adatta a esprimere il senso di una novità tecnica che impone una netta separazione tra il prima e il dopo. Ma accettare la portata e l’irreversibilità del cambiamento non significa cessare di interrogarci. Possiamo chiederci ancora cosa significhi tutto questo per manager, lavoratori e cittadini. Vale la pena di ricordare che dal latino rumpo deriva anche l’italiano rotta. Parola che esprime un doppio senso. Rotta sta in italiano per “sconfitta”: il senso è “rottura degli argini”, Caporetto. Rotta è, allo stesso tempo, contrazione di via rupta: strada aperta nel mare, nel deserto, nella foresta.
Sta a noi far sì che il passaggio al digitale costituisca, per cittadini e lavoratori, non una rotta, una rottura degli argini, perdita di diritti e garanzie, ma invece una rotta, nuovo cammino verso nuove libertà.