Baricco è solo un pretesto. Per parlare di letteratura. Uno scambio di e-mail del novembre 2001


Ritrovo per fortuiti motivi, come è bello che accada, questo scambio di e-mail di vent’anni fa. Mi ero permesso di esprimere una opinioni critica a proposito di Baricco, sul sito Eseresi

Lunedì 5 novembre 2001 ore 11.06 (via mail)

Caro Francesco,
non voglio scriverle da anonimo perché mi sembra un modo vigliacco per scambiare delle opinioni,  visto che lei si è anche esposto a dismisura dando giudizi su Alessandro Baricco.

Non credo di essere molto d’accordo con lei per diversi motivi che cercherò di spiegarle nella maniera più breve e concisa possibile.

Quali sono i parametri e gli atteggiamenti possibili oggi per individuare un grande scrittore ?
Ha senso parlare della ricerca di un grande scrittore contando le sue righe e misurandone la lunghezza o se scriva per molto o poco denaro? O se sia un narcisista , un uomo di cuore o un uomo di coltello?

Penso che così facendo si vada incontro ad un grosso errore e cioè quello di avvicinarsi troppo ad una immagine fino a perderne i contorni.( Riesce a vedere una grossa quercia con il naso attaccato al suo tronco ?)

Credo che un’artista vada valutato per altre cose.
Si scrive se si ha qualcosa da dire e non tutti possono farlo, si scrive lasciando che il flusso delle idee venga fuori dall’animo; ogni artista è un’impronta digitale e scrive in una unicità di uno che non esisterà mai più e non si può rimproverarlo di scrivere in un modo e non in un altro.

Non si può invitare alla non lettura come lei ha fatto ( Magari mia nonna avesse avuto la possibilità di leggere soltanto uno dei libri di Baricco!!).

Penso che lasciare liberi di leggere  qualsiasi cosa si sacrosanto, senza restrizioni che si scagliano dall’alto che sono  sempre perdenti e improduttive per chi le mette in atto e per chi le riceve.

Ma la vede la TV in questi giorni ?? Come si può non stimare un Baricco nel marasma delle non idee di inizio millennio anche televisivo?

Attendo una sua sincera risposta
Xxx

10 novembre 2001 ore 20 e 22 (via mail)

Caro Xxx,

rispondo, non però come di fronte a un tribunale per lesa maestà. Potrei farlo in tanti modi, ma siccome ieri mi è successa una cosa, parto da questa. Mi è capitato in mano il nuovo numero, ora ora uscito in edicola di Career Book Lavoro 2002, una pubblicazione destinata a favorire l’incontro tra giovani che cercano lavoro e imprese in grado di fornirlo. Ho notato con sorpresa che, sin dalla prima pagina, il volume contiene un sacco di citazioni di un mio libro (Romanzi per i manager, Marsilio, 2000). Ora, direte, questo ne approfitta per parlare di sé e di un suo libro. Per parlare di me, certo, ma non di un mio libro. Libro che del resto è fatto di citazioni, e che è un invito a leggere altri libri. Mi riempie di orgoglio il fatto che sfogliando una pubblicazione allo scopo di trovare un lavoro qualche ragazzo possa essere stimolato ad andare a leggere I Buddenbrook di Mann, I Fratelli Tanner di Walser, o Guerra e pace, o Maupassant, o Zola, o Kundera o il vecchio Shalom Aleichem, o Hrabal o, perché no, Busi. Non posso forse permettermi di dire, scrivendo senza scopo di lucro, che Baricco vale mille volte meno di Busi? Dicendo questo allontano qualcuno dalla lettura? No, avvicino alla lettura. Dico: se avete letto un Baricco, contentatevi. Passate ad altro che c’è di meglio. Non dico neanche di leggere tutto Busi. Dico e sostengo che il resto vale poco, è una mera iterazione, ma Seminario sulla gioventù e il Venditore provvisorio di collant sono capolavori, e resteranno nella storia della letteratura italiano come segni di un’epoca ben oltre il tempo nel quale si sarà finalmente persa memoria dei vezzosi riccioli di Baricco.

Per aver espresso pubblicamente una opinione critica nei confronti di codesto scrittore ho ricevuto numerosissimi insulti, per lo più anonimi, e poche serie richieste di approfondimento. (Fa piacere a Baricco avere fans siffatti?). Il discorso più sensato me l’ha fatto, sorprendendomi, un ragazzo che non pensavo interessato alla letteratura, ai romanzi, non tanti giorni fa – era l’una di notte, in una birreria, a Stresa. Mi ha detto: ‘Va bene, lei dice di non leggere Baricco, ma allora cosa leggiamo’, e intendeva (almeno ho capito così) cosa leggiamo noi giovani, romanzi che in qualche modo ci rispecchino e ci divertano e ci insegnino qualcosa e ci aiutino a crescere. Non è una domanda da poco. Eppure mi riuscirebbe abbastanza facile rispondere citando giovani o semigiovani romanzieri stranieri. Direi: un russo, Pelevin, qualche americano, Foster Wallace, Eggers, L’opera struggente di un formidabile genio. Opinioni personali, per carità.

Mi riuscirebbe invece di molto difficile rispondere citando autori italiani. Pensandoci un po’, direi Tondelli, più o meno tutto, risalendo indietro direi il primo Palandri (Boccalone), lascerei perdere Brizzi, anche se Jack Frusciante è abbastanza buono, citerei semmai Silvia Ballestra, la saga degli Antò, per dire che però la trovo irrimediabilmente peggiorata da quei primi libri. No De Carlo, così innamorato di se stesso, no Benni, un pennivendolo che scrive a cottimo, non Michele Serra, disprezzabile per la sua avarizia mentale.

Dico io, perché mai uno non dovrebbe esprimere opinioni? C’è una vecchia idea nel piccolo mondo degli intellettuali, ‘cane non morde cane’. Se io vivessi di quello che scrivo, chissà mai, forse anch’io penserei così. Ma mi sono trovato un modo di vivere d’altro, e quindi, senza preconcetti e cattiveria, posso permettermi di esprimere opinioni. Opinioni severe, da strappare la pelle, se capita l’occasione, se c’è il motivo. Dare e ricevere, criticare e ricevere critiche severe. Anch’io ho ricevuto critiche cattivissime, la più dura su un importante giornale spagnolo, ora dirò perché. Mi è anche capitato che editori italiani abbiano rifiutato un mio libro, pure giudicato interessante, perché conteneva attacchi a un autore, lesa maestà. Però mail insultanti le ho ricevute solo per quelle poche righe scritte su Baricco. Ritengo, davvero, che sia un caso.

Parlo ora di questo mio libro (Viaggio letterario in America Latina, Marsilio, 1998; Viaje literario por América Latina, El Acantilado, 2000) perché contiene – e per me non certo la parte più importante del libro, ma per gli editori e i recensori, si vede, sì – una critica a García Márquez, una critica che io stesso definirei feroce. Così ora potrei dire: se critico a ragion veduta García Márquez, perché non dovrei, a ragion veduta, criticare Baricco? Ma la questione è più complicata e articolata. Critico Márquez per amore tradito. Quando lo lessi per la prima volta, avevo poco più di vent’anni e avevo letto pochissimi romanzi, ed ancora adesso, trovai e trovo Cent’anni di solitudine un capolavoro. Ho passato anni a capire perché le opere successive mi deludevano e mi provocavano frustrazione e rabbia. Raccontare di questa mia rabbia lo ritengo un dovere, non un piacere.

Il problema con Baricco è che la delusione non prende retrospettivamente, confrontando le pagine nuove con le vecchie. Prende quando si legge qualsiasi sua pagina, e la si trova rileccata e banale e priva di originalità e ammiccante alle debolezze del lettore. Che ci devo fare se è così. Almeno per me.

Caro Xxx, che devo dirle di più? Non voglio assolutamente sostenere che non si deve leggere. Né tantomeno sostengo che gli altri devono leggere quello che dico io. Tutt’altro, sostengo che il lettore dovrebbe tenere più in conto la sua capacità di discernere e di dire ‘questo mi piace’ e ‘questo non mi piace’, senza sentirsi condizionato da opinioni condivise e luoghi comuni e mode e propaganda. Dico, questo sì, che scrivere per denaro è un grave rischio, è difficile mantenersi puri e seguire una vera ispirazione. Dico che l’arroganza, il sentirsi superiori al lettore, perché noi possiamo scrivere e tu puoi solo leggere, è una malattia della quale soffrono molti autori. Dico che non conta il numero di righe scritte, certo, o il corpo di stampa, dico che però da molti libri traspare l’avarizia mentale. La scarsa disponibilità all’altro, al lettore. L’incapacità di donare.

Dico anche che forse meglio che nulla un Baricco vecchio. Ma io se avessi avuto l’onore di regalare un libro a sua nonna le avrei regalato, per esempio, l’Iguana di Anna Maria Ortese.

Mi scuso, il tema mi ha preso la mano, la concisione è andata a farsi benedire

Francesco Varanini