Quale formazione per questi tempi difficili. Intervento di apertura, ‘Formare e Formarsi’, 25 febbraio 2021, ore 9-13, online


Formare e Formarsi è uno degli eventi che accompagna (dal 2014) la rivista Persone & Conoscenze, edita da Este.
L’edizione di quest’anno pone l’accento su un importante concetto: Un coro di voci. (seguire questo link per il programma e per iscriversi),

La storia della parola ‘coro’ racconta di una danza, e dell’insieme dei danzanti, e del canto da cui le danze sono accompagnate, e del luogo dove si danza e si canta insieme. Si tratta dunque di una metafora che ben descrive il senso della formazione.
Le persone che condividono un progetto formativo costituiscono un coro, dove – con la guida del formatore – la voce di ognuno contribuisce ad una voce collettiva. Si impara così a lavorare insieme, condividendo uno stesso ritmo. Anche le voci diverse che ascolteremo durante il convegno possono essere intese come componenti di un coro: professionisti della formazione si scambiano esperienza; formando sé stessi scoprono nuovi modi per offrire il proprio servizio.

Aprirò l’incontro con un intervento che ha per titolo Quale formazione per questi tempi difficili.
Ci capita spesso di dire ‘tempi difficili’, ma poi, quando i tempi sono veramente difficili come lo sono oggi, ci si mangia le dita per aver esagerato prima, quando non ce n’era bisogno.
Viviamo gettati in una terra sconosciuta. Ci troviamo ad ascoltare tante parole vuote. Ed anche a pronunciarne. Serve imparare a usare nuovi codici, e serve imparare a usarli in prima persona, per non restare follower di guru immeritevoli. Serve cogliere la speranza dentro situazioni che sembrano foriere solo di incertezza e di paura.
Queste sono le cose di cui deve occuparsi prioritariamente la formazione. Oggi, ma non solo oggi.

Il titolo infatti volutamente evoca Hard Times, Tempi difficili, il romanzo di Charles Dickens.

Il romanzo esce a puntate mensili, 1 aprile-12 agosto 1854, sulla rivista Household Words, fondata e diretta dallo stesso Dickens.
E’ un romanzo che esprime forte preoccupazione e impegno sociale. Dickens aveva sotto gli occhi la nuova economia derivante dalla rivoluzione industriale. Noi oggi stiamo vivendo l’avvento della nuova economia digitale. La storia non si ripete, ma possiamo osservare molte analogie.
Dickens racconta di lavoratori privi di diritti e protezioni, stupefatti dal lavoro ripetitivo governato da macchine programmate tramite schede perforate. Racconta demagoghi professionisti, guru che celebrano l’innovazione in tutte le salse. Racconta di imprenditori avidi di profitto e di potere, forti del controllo delle nuove tecnologie, convinti della natura quasi divina del proprio ruolo.
dominata da una borghesia pragmatica e utilitaristica , avida di profitti e potere, convinta della natura quasi divina dei suoi diritti e forte della buona coscienza che trae dalle leggi dell’economia di mercato , ma di cui analizza gli alibi e presenta le mancanze con pungente ironia.
Racconta del culto dell’efficienza, di una ideologia che sostiene la prevalenza dei “fatti” sull’immaginazione e che vuole ridurre il mondo a una serie di equazioni. Oggi chiamiamo queste equazioni ‘algoritmi’, ma non è cambiato molto.

Anche oggi serve una formazione che accompagni nel passaggio all’uso di nuove tecnologie, ed anche nuovi modi di lavorare ‘a distanza’, ma la formazione sarà efficace solo se saprà tener conto degli aspetti sociali e culturali della novità: il mutamento di consolidate abitudini, lo spaesamento di fronte alla sterminata ampiezza del Web, le nuove fastidiose forme di controllo, la paura di perdere il lavoro, la solitudine.