Dietro le parole: rubrica tenuta sul ‘Sole 24 ore’


Sul Sole 24 ore (numero del lunedì), dal 1995 al 1998, appariva la rubrica ‘Dietro le parole’: parole del management spiegate, e raccontate, alla luce dell’etimologia.
Rimaneggiate, anche queste pagine sono entrate a far parte di Le parole del manager. 108 voci per capire l’impresa, Guerini e Associati, 2006. In quello stesso anno ho ripreso a tenere la rubrica, con il titolo Le parole del manager, sulla rivista Sviluppo & Organizzazione. Nel 2011 ho pubblicato una seconda raccolta: Nuove parole del manager.

Qui seguito due parole apparse sul Sole 24 ore.

GLOBALIZZAZIONE
di Francesco Varanini

Glittus, adatto alla coltivazione, diventava il terreno purificato dalle scorie di metallo. Perciò i veneziani chiamavano gheto l’isoletta nella quale nel 1500 furono confinati gli Ebrei: era sede di una fonderia.
La parola sembra risalire a gleb-, una radice attestata in Italia e nelle aree germanica, baltica, slava che sta per ‘afferrare (una zolla di terra)’. Da cui probabilmente anche glomus, ‘gomitolo’; e glomeratus, ‘mescolato’, ‘impastato’, ‘agglomerato’, e glomeramena, ‘piccoli globi’, ‘atomi’.
Sempre da gleb-, globus, in latino ‘mucchio’, ‘ammasso’, ‘moltitudine’. In origine, dunque, un forte richiamo alla terra; e poi il senso dell’insieme (globus equitum, ‘squadrone di cavalleria’).
Globus, naturalmente, è anche ‘sfera’, ‘palla’ (Lucrezio: “globus solis et lunae”). Ma quello che in latino è solo uno dei diversi significati, diviene il senso del tutto prevalente nelle lingue romanze: in italiano ed in francese, nella prima metà del 1300, globo e globe. Dal francese globe passa nel 1500 all’inglese, nel duplice senso di ‘corpo sferico’ e di Terra.
Rispetto a terra, il significato di globo (in fondo: afferrare la zolla, impastarla fino a darle una forma sferica) è più complesso ed articolato. Infatti terra -dalla radice ters-, ‘far diventare asciutto’- sta originariamente per ‘secca’. La terra si definisce in opposizione all’acqua. Tanto che nel 1600 si afferma in inglese l’espressione terraqueous globe.
Nel frattempo in francese globe ha generato nuove espressioni. E’ dell’inizio del 1600 englober, ‘faire entrer dans un ensemble déjà existant’. Ed è della seconda metà del 1800 global: ‘masse total’.
Global (passato all’inglese e all’italiano all’inizio del 1900) assume negli Stati Uniti in questo dopoguerra una più precisa accezione politica, economica, ecologica, ed infine relativa al mondo del management e del marketing. Global sta per ‘involving the whole world’, worldwide, ‘universale’. Global warming è l’innalzamento perverso della temperatura del pianeta dovuto all’inquinamento. E il verbo to globalize (“to globalize the auto industry”) designa attività e mercati tanto estesi da abbracciare tutto il globo.
Ma anche, ce lo dice la parola, attività e mercati tanto integrati da apparire filo di un unico gomitolo, ‘atomi’ di una unica massa di terra impastata.

BUSINESS
di Francesco Varanini

Busy -ness, ‘essere busy’, ‘costantemente e pienamente occupati’: già nel 1200 business stava in inglese per ‘operosità’, ‘assiduità’, ‘cura’; e nel 1300 indicava con precisione l’occupazione, l’impiego.
Oggi, il business è ‘lavoro’, ma allo stesso tempo è attività di compravendita o di produzione di beni e servizi a fine di lucro, ed ancora l’impresa che svolge l’attività.
La parola esprime un insieme di valori e di comportamenti particolarmente complesso, e intraducibile al di fuori dell’inglese. Tanto è vero che quando la Cina è entrata in contatto con il mondo del business, ed ha tentato di darle un nome, non ha potuto far altro che storpiare la parola. Pidgin, voce inglese che deriva dalla pronuncia cinese di business, significa lingua semplificata, destinata a far funzionare gli scambi al di là di ogni barriera.
Se quello della Cina può apparire un esempio estremo, restiamo un Europa. Anche al tedesco betrieb corrisponde un’ampia gamma di significati: ‘lavoro’, ‘attività’, ‘servizio’, ‘gestione’, ‘impresa’. Ma non riesce comunque a tradurre business. Rispetto a business manca il senso dinamico della ‘perenne bufera di distruzione creativa’.
Scendendo verso l’area mediterranea troviamo in francese l’entreprise e les affaires: anche qui nessuna espressione che regga il confronto con business. In italiano di nuovo impresa e affari; oltre ad azienda. Azienda, espressione già in uso nel 1500, viene dallo spagnolo hacienda: in origine ‘compito’, ‘occupazione’ -dal latino facienda ‘cose da fare’-; poi il significato si allarga: dal compito si passa a beni e dai beni all’amministrazione dei beni – ma sempre prevale il senso di un faticoso dovere.
Proprio nella penisola iberica possiamo concludere il nostro viaggio: in spagnolo e in portoghese l’italiano affari si traduce con negocio. La parola -come il latino negotium, dalla quale deriva- esplicita brutalmente l’opposizione tra ‘tempo libero’ e ‘lavoro’: che è nec otium, ‘non ozio’.
Il ‘dolce far niente’ è la situazione ideale che ci è negata: insomma l’esatto contrario del business – dove l’essere indaffarato è il sale della vita, il vanto della persona, la manifestazione del successo.

RE-ENGINEERING
di Francesco Varanini

Genesis, in greco, è ‘origine’, ‘nascita’. In latino genium è la divinità tutelare di ognuno. In-genium è il carattere innato, la personale inclinazione, e poi l”invenzione ingegnosa’.
Dunque: ‘destrezza’, ‘abilità’, ma anche il frutto di questo talento. E cioè ingenium, inteso come ‘strumento’, ‘dispositivo’. L’italiano ingegno non assumerà mai pienamente questo significato. In francese, invece, engin già nel 1100 definisce la macchina, innanzitutto da guerra. Dal francese, nel secolo successivo l’inglese engine: ‘oggetto costruito ad arte’, nel 1700 è steam enegine, ‘macchina a vapore’.
Ma l’engine, in realtà, è qualcosa di più della singola macchina. L’idea di insieme di strumenti è già presente in latino, ed è ben testimoniata dallo spagnolo ingenio de azúcar, sistema produttivo destinato alla lavorazione della canna da zucchero.
Ingegnere, come l’antico francese engigneor (da cui oggi ingénieur), e l’inglese enginier (da cui engineer) è quindi colui che progetta macchine belliche, dalle armi alle fortificazioni. Poi, più in generale, è il progettista. Il significato moderno della parola passa però attraverso l’inglese. Che dal 1600 conosce il verbo to engineer, prima nel senso di ‘fare l’ingegnere’; poi, con la rivoluzione industriale (e quindi con la fine del 1700) nel senso di ‘progettare’, ‘inventare’.
Usiamo talvolta in italiano ingegnerizzare. Ma al nostro orecchio il senso del verbo resta condizionato da ciò che significa in italiano ingegneria: semplicemente la professione o gli studi dell’ingegnere. Per cogliere veramente il senso dell’ingegnerizzazione si deve invece pensare al verbo inglese.
Dunque, una volta tanto, appare giustificato l’uso dell’espressione inglese, non tradotta. Engineering: progettazione, gestione e supervisione di un processo produttivo o di sviluppo.
Si tratta sempre più spesso di processi di enorme complessità. Processi che -a causa dell’evoluzione tecnologica e delle pressioni del mercato- dovranno essere frequentemente ri-progettati. E’ il re-engineering, progetto di totale cambiamento organizzativo che ci riporta al genium e all’ingenium: l’intervento avrà successo solo se il sistema sarà veramente fatto ri-nascere, re-inventato.