Giornale radio


Fine anni settanta, inizio anni ottanta, lavoravo in una radio. Erano tempi eroici. Si lavorava facendosi la regia da soli, mentre si era in onda. Cuffie, microfono, due piatti per i dischi, tre lettori di cassette, la macchinetta con l’interruttore per mandare in onda le telefonate.
Quando ero di turno per fare il giornale radio arrivavo la mattina prima delle sette, con in mano il fascio di giornali comprati all’edicola, un foglio sul quale erano annotate alcune notizie locali, ed altri fogli di appunti presi la sera prima, o di notte. Aprivo la serranda, accendevo la luce, nello studio accendevo i vari interruttori, controllavo il nastro del tappeto sonoro che era andato in onda durante la notte. Per il giornale radio, avevo a disposizione dieci minuti contati, scanditi dall’orologio sul muro dello studio, di fronte a me.
Neanche con l’abitudine ero riuscito a liberarmi da una sottile angoscia. Quali notizie dare, in che ordine. Non conoscevo certo tutte le notizie importanti. Diversi criteri in base ai quali scegliere le notizie confliggevano tra loro.

Francesco Varanini