Cuore. Storia di un settimanale


Propongo qui un dossier, raccolto nel 2001, che comprende documenti diversi relativi alla mia esperienza professionale di Direttore Generale della casa editrice che editò, a partire dal febbraio 1991, il settimanale Cuore. Una più organica mia narrazione di questa esperienza, scritta nel 2008, si trova qui.

Cuore Corporation s.r.l., la casa editrice destinata a pubblicare il settimanale Cuore, fu fondata verso la fine del 1990. Mi occupai di tutto, dalla registrazione della testata ai contratti con i giornalisti, alla ricerca della sede, dalla definizione del modello organizzativo –tipico sistema ‘snello’ fondato sull’uso ‘in rete’ di risorse esterne– alla scelta delle tecnologie per l’epoca, innovativa).

Cuore risulterà il più significativo successo editoriale italiano del 1991. Anche in virtù delle mie scelte, tese a favorire la massima autonomia creativa alla redazione e al contempo a garantire la massima economicità di costi. Di Cuore Corporation sono stato Direttore Generale fino all’estate 1993. Nei primi due esercizi Cuore Corporation si attesta su un fatturato di oltre 8 miliardi e su un margine superiore al 20%.
Il caso è descritto in: Raoul C. D. Nacamulli, Capacità organizzative. Le strutture emergenti nel post-industriale, Etaslibri, 1993.
A ripensarla ora, a dieci anni di distanza, tutto mi pare lontanissimo. Eppure, anche al di là del suo valore di fonte di esperienza per me che l’ho vissuta, credo che l’esperienza rivesta una certa attualità. Il tema delle start up, delle organizzazioni snelle, reticolari, basate sull’uso intensivo di tecnologie, finalizzate alla produzione di contenuti, questo tema mi pare ancora attuale.

Di Cuore si notavano allora, e si ricordano oggi, soprattutto gli aspetti visibili –l’impatto politico, il successo di mercato. In realtà, tutto questo era possibile in virtù di una attenta gestione del business e di un modello organizzativo ‘su misura’.

L’equilibrio si ruppe, per quanto mi riguarda, già nell’autunno del 1992. Sostenni senza successo l’idea che anche a fronte di un tendenziale –ma ancora limitato– calo nel numero di copie vendute, Cuore dovesse restare fedele alla propria diversità. Le scelte dell’editore andarono in un’altra direzione. La mia uscita traumatica e per me dolorosa si concretizzò l’estate successiva.
Credo che rivestano interesse questi documenti, scritti ‘a caldo’. Riflessione di un professional che non per gusto astratto, ma per necessità contingente sperimenta nuovi modelli organizzativi. Riflessione di un manager che si interroga sul suo ruolo.

Chi lavora a progetti di sviluppo in particolare, ed ogni manager in generale, dovrebbe sempre provare a mettere per scritto le proprie esperienze. Scrivere aiuta a razionalizzare e a capire cosa si sta facendo.

Il Dossier si compone di tre documenti.

1) Lettera all’Amministratore Unico e Socio di maggioranza di Cuore, relativa all’assetto organizzativo necessario nel maggio 1991, e cioè nella fase immediatamente successiva al decollo dell’iniziativa editoriale.

2) Una lettera all’amico XY, all’epoca Direttore del Personale e dell’Organizzazione di una grande impresa. XY mi chiedeva un ‘racconto’ degli aspetti più significativi dell’esperienza di ‘direttore–factotum’ di una organizzazione snella. La lettera è scritta nel 1992 (tarda primavera, credo).

3) Il cuore della rete, una organica riflessione sulle specificità del ‘caso Cuore’, destinata alla pubblicazione, ma rimasta inedita, scritta all’inizio dell’estate del 1992. Il modello organizzativo di Cuore Corporation era allora maturo. Si manifestava allora l’esigenza di consolidare il modello, di fronte all’emergere dei primi segnali di una possibile crisi.

Ai documenti qui presentati si può aggiungere una riflessione del 2008, I miei anni a Cuore, testo preparato per il volume collettivo Non avrai altro Cuore all’infuori di me. Vita e miracoli di un settimanale di resistenza umana, Rizzoli, 2008. Nel libro appare un versione dello scritto notevolmente ridotta.

Lettera all’amministratore unico

12 maggio 1991

da: Varanini
a: dott. XY [Amministratore Unico e Socio di maggioranza di Cuore Corporation]

Note sul modello organizzativo Cuore Co. e su come vedo il mio ruolo.

1.
Ho accettato con entusiasmo di lavorare sul progetto Cuore perché vi vedevo, anche in prospettiva, un ruolo adatto a me: mettere in pratica idee su modelli organizzativi privi di ridondanze, lavorare senza dovermi adeguare a schemi rigidi predefiniti e limitanti
Per questo ho bisogno di: (i) godere della sua fiducia; (ii) trovarmi nelle condizioni necessarie a lavorare con efficacia.
Consapevole che fiducia e stima si conquistano passo per passo, ragiono di seguito sul secondo punto.
Anche partendo, come abbiamo fatto, dal progetto di non allontanarci da una struttura ridotta all’osso, c’è sempre una soglia minima da rispettare. Per quanto mi riguarda, questa soglia dovrebbe garantirmi di non essere soffocato da attività impiegatizie, ripetitive; attività che mi trovo attualmente a dover svolgere da solo, rincorrendo, lavorando in emergenza, senza il tempo per pensare preventivamente a come organizzarle in modo adeguato e senza, sopratutto, la possibilità di delegare alcunché.
Invece voglio lavorare da dirigente –sia pure, beninteso, con una interpretazione del ruolo diversa da quella tipica di una grossa organizzazione (il termine di paragone è, ovviamente la Mondadori). Voglio, semplicemente, avere un po’ di tempo per pensare, per fornirle tempestivamente i report e le informazioni che lei mi chiede, per mantenere adeguatamente i collegamenti necessari con la redazione e le funzioni affidate a terzi; e anche per essere propositivo.

2.
Attualmente dedico a Cuore Co. il 90% del mio tempo di lavoro. Riesco –nell’ultimo mese a fatica– a far fronte contemporaneamente al mio lavoro Mondadori perché‚ sono adeguatamente supportato dal Responsabile del Centro Documentazione, e perché‚ le responsabili di mercato di Mondadori Press sono in grado di lavorare in autonomia, ma naturalmente non dedico a queste attività energie per quanto riguarda lo sviluppo, la sperimentazione di nuove opportunità, la ricerca di modalità di contenimento dei costi.
Inoltre, già nel mio ruolo Mondadori godo di uno scarso supporto di segreteria: non ho una segretaria per la mia funzione, usufruisco della segretaria del Centro Documentazione. La risorsa è inoltre di scarso livello.

3.
Una struttura minuscola come quella di Cuore Co. esige ovviamente una interpretazione dei ruoli diversa da quella di una grossa organizzazione (il termine di paragone è, naturalmente, ancora la Mondadori).
Ogni organizzazione ha una sua cultura, alla quale l’organizzazione deve essere coerente –e ciò deve essere vero in particolare per il progetto Cuore, che nasce sotto il segno di una diversità che è un valore da difendere.
Nel caso specifico questo significa che Cuore Co. non deve proporsi di avere una organizzazione articolata per funzioni: marketing, controllo di gestione, contabilità analitica, personale, ecc. Deve avere però le strutture necessarie a garantire una tranquilla gestione e una pronta risposta agli stimoli del mercato. Molte attività possono essere affidate all’esterno, ma in questo caso devono essere garantiti efficaci collegamenti.

4.
Il modello organizzativo attuale relativo alla routine e agli attuali business vede operare (oltre all’Amministratore e alla Redazione):
– Segretaria di Redazione: telefono, smistamento corrispondenza, bozza borderò.
– Sisma: contabilità generale
– Sisma: amministrazione del personale (paghe e contributi).
– Mondadori: Servizi tecnici
– Mondadori: Distribuzione
– Varanini: il mio ruolo (i) deve garantire i necessari collegamenti; (ii) si definisce per differenza: in ognuno dei settori dell’organizzazione aziendale (controllo di gestione, contabilità analitica, personale, ecc.), coprire le aree di attività che le figure summenzionate non coprono.

5.
Il motivo per cui mi trovo attualmente in difficoltà è il seguente: devo garantire i funzionamento dell’organizzazione interagendo con soggetti che per motivi contrattuali (Sisma, Mondadori servizi tecnici, Mondadori distribuzione) o per limiti oggettivi di tempo (segreteria di redazione) offrono attività con limiti predefiniti.

6.
Attualmente mi trovo costretto dall’emergenza a chiedere agli enti di cui sopra di collaborare con me a risolvere, con procedure non standard, emergenze organizzative.
Ma ciò è causa di extracosti e di risultati variabili di caso in caso.
Il problema, strategicamente, non può essere risolto affidando a terzi un maggior numero di attività: anche prescindendo dai costi, (a) non si possono ampliare oltre certi limiti i confini delle aree affidate a terzi, per il rischio di perdere il controllo di informazioni strategiche. Inoltre (b) non si può affidare allo stesso soggetto attività di contabilità e di controllo di gestione. Di conseguenza si è costretti a moltiplicare il numero dei soggetti portatori di delega, col che (c) diventa complesso il lavoro di coordinamento e di controllo.

7.
Ritengo che la soluzione stia invece (i) nel non chiedere agli enti esterni niente di più di servizi standard dai limiti predefiniti e (ii) nel rendere elastica la mia funzione.
Il punto (ii) significa: svolgere il lavoro di coordinamento non chiedendo agli enti esterni di adattarsi ad esigenze di volta in volta mutevoli, ma adattare di volta in volta i materiali e le informazioni alle condizioni standard richieste dagli enti esterni per offrire i servizi al costo più basso.

8.
Il punto (ii) del paragrafo precedente esige che io continui a muovermi orizzontalmente, lavorando con priorità variabili, tra aree funzionali diverse (marketing, controllo di gestione, contabilità analitica, personale, ecc.) -cosa che mi piace e che credo di essere in grado di fare con buoni risultati.
Esige però che, lavorando in tutte queste aree, sia supportato da una risorsa affidabile che si faccia carico di una quota del carico di lavoro e che mi offra un supporto di segreteria. (Del tempo dedicato a Cuore Co. negli ultimi due mesi, l’80% del tempo l’ho dedicato ad attività quali: controllare e vistare fatture; trasformare i borderò consegnati dalla segretaria di redazione in mandati di pagamento eseguibili da Sisma; smistare materiali e informazioni di routine da e per redazione, Sisma, Servizi tecnici Mondadori, Distribuzione Mondadori).

9.
Come le ho detto a voce, saprei a chi affidare questa attività. Potrebbe trattarsi di una delle attuali responsabili di mercato di Mondadori Press; la le l’esperienza necessaria e credo sia disposta ad andare in prepensionamento.

10.
I carichi di lavoro renderebbero necessaria questa risorsa da subito.
In presenza di questa risorsa, a fronte delle attuali attività di Cuore Co., non sarebbe necessario un mio utilizzo a tempo pieno.
Sul breve termine, in assenza di questa risorsa, sono disposto a farmi carico ancora di una quota di lavoro impiegatizio / esecutivo; dovrò però affidare all’esterno parti omogenee di attività (come la gestione dei borderò).

11.
Questa risorsa diventerà imprescindibile al momento del trasferimento della redazione: io dovrò essere almeno un giorno alla settimana a Bologna; nel frattempo va alimentato il lavoro di Sisma, va garantito un presidio a fronte di emergenze, va garantita una copertura di segreteria, una risposta ad esigenze urgenti, ecc.

12.
In estrema sintesi, un modello organizzativo adeguato al progetto Cuore può dunque essere sintetizzato come segue:
(1) Amministratore
(2) Direzione di testata, Redazione, segreteria di redazione
(3) enti esterni erogatori di servizi (contabilità generale, amministrazione del personale, distribuzione, ecc.)
(4) coordinamento: (a) Varanini e (b) XY.

Questo modello è in grado di resistere senza stress al trasferimento della redazione a Bologna.

Lettera a XY

Caro XY,
chissà se sono in tempo e poi non ricordo nemmeno di preciso l’argomento, oppure se in ogni caso come vedi parto da lontano da quello che mi pare da cose su cui sto riflettendo in questi giorni -per fortuna scriviamo di quel che ci pare- e comunque ci tengo a non lasciare cadere il discorso, quindi

“Lei è Karl Kraus, vero?” mi chiese uno che viaggiava nel mio stesso scompartimento, e che aveva sopravvalutato la mia inermità. Io dissi: “No”. E con ciò l’ho ammesso. Perché, fossi stato un altro, mi sarei messo subito a parlare con quell’imbecille.
Difendere la propria diversità senza affermarla. Anzi, rinunciando ad affermarla, perché affermandola, accettando di parlarne con chi se l’avesse capita non ci chiederebbe di parlarne, la negheremmo noi stessi.
Se sopravvalutando la mia inermità vengono a chiedermi, poniamo, di parlare di Cuore come caso di successo, boom degli anni novanta, ritroverò poi Cuore imbalsamato dalla sintesi parassita di un qualche esperto di trends di mercato, ridotto a merce, privato della sua specificità di non-prodotto, assimilato agli orologi Sector, al Gatorade, e ai Body Shop.
Al compagno di scompartimento interessa nobilitare la sua esistenza attraverso un incontro luminoso – avere qualcosa da raccontare. Analogamente all’esperto di trends, incapace di creare, interessa solo vendere un suo prodotto, costruito senza fatica con qualche intervista e qualche notizia raccattata in giro.
(Il libro che senza dubbio l’esperto di media trends scriverà non interesserà a nessuno. Non al pubblico, cui semmai interesseranno Gatorade o Sector o Cuore. Non all’esperto di marketing, perché mettere insieme Cuore con gli orologi Sector e Gatorade e Body Shop può voler dire solo che non esiste one best way, e allora la questione sta nel trovare la propria via, e non nel leggere la storia degli altri raccontata da un terzo. Ma il nostro esperto sarà portato a passar sopra l’inutilità del suo lavoro. Lui, scrivendo e pubblicando, il suo scopo l’ha raggiunto).
Non per questo si deve pensare che sia impossibile o inutile parlare di casi aziendali. Però il distinguo è sottile. E scusa, riesco ad esprimerlo solo con l’esempio di Kraus.
Il frettoloso viaggiatore, chiuso in sé, in un suo modello (i boom: ma cosa vuol dire poi successo? Il successo di Cuore sta nel numero di copie vendute, o in cosa?) chiederà all’organizzazione oggetto d’indagine, agli uomini che l’hanno fatta, solo le informazioni necessarie per fare di quella esperienza di vita una apparenza vendibile.
Cosa ben diversa è raccontare come si articola il modello organizzativo di Cuore. Questo non contraddice la filosofia di Cuore‚ non danneggia il prodotto Cuore, perché si tratta semplicemente di dire come anche il modello organizzativo, in quanto coerente con la filosofia e con il prodotto costituisce uno dei fattori di successo. Dunque, qui il caso è ricostruzione di meccanismi interni, assunzione in principio dell’unicità del caso, ricostruzione di un modello a partire da una situazione specifica. Qui c’è se non altro una utilità didattica. E, messe così le cose, il caso non è ricostruibile senza una partecipazione attiva e volontaria di chi ha vissuto l’esperienza all’interno dell’organizzazione.
Solo detto questo posso accennare a come sono stai impostati i rapporti tra Cuore-società (Cuore Corporation, ci siamo voluti modestamente chiamare così) e i suoi giornalisti.
Così come tutta l’organizzazione è finalizzata a garantire il massimo spazio creativo, la gestione del personale premia l’identificazione con il prodotto e con i risultati.
In apparenza, in qualsiasi casa editrice italiana i giornalisti godono delle stesse garanzie in termini di retribuzione, di flessibilità di orario, di libertà di comportamento. Ma mancando una identificazione con il prodotto, tutto è mercificato, tradotto minuziosamente in contratti nazionali e in contratti integrativi aziendali. La diversità di Cuore, sotto questo punto di vista, sta nel fatto (sembra poco, ma rispetto al contesto dell’editoria italiana è molto) che i giornalisti si identificano con il giornale: tre di loro vi lavorano dalla fondazione, gli altri tre si riconoscono in questa affermazione: ‘è la prima volta che lavoro a un giornale di cui sarei comunque lettore’.
Su questa identificazione si fondano i semplici accordi, di cui diamo due esempi significativi, che a Cuore sostituiscono i complicati contratti integrativi aziendali.

– Un sistema premiante rapportato alla diffusione del giornale. Viene definito annualmente una cifra unitaria legata al numero di copie vendute che va ad alimentare un monte premi. Il monte premi viene ripartito trimestralmente; a ogni redattore corrisponderà una quota parte del premio; le percentuali relative ad ognuno sono concordate all’inizio dell’anno con il direttore.

– Gestione delle ferie. Si concorda sul fatto che le ferie previste contrattualmente vengono comunque smaltite entro l’anno, e quindi che non vengono accumulate ferie non godute. Si concorda sul fatto che, anche a organico ridotto, il giornale dovrà uscire in edicola così come da calendario. Sui singoli giorni di presenza/assenza la redazione si autoregola, e l’azienda rinuncia a esercitare il controllo.

Nota: Naturalmente, i due esempi sopra accennati sono veri. Roberto Brognara di Trends Lab ha fatto sapere a Cuore Corporation che comunque parlerà di Cuore, accanto a Gatorade, Body Shop e Sector in un volume di prossima uscita presso Sperling & Kupfer dedicato ai boom degli anni novanta . Gennaro Auricchio, nell’ambito di una tesi di laurea in Organizzazione Aziendale che discuterà nella sessione autunnale con il prof. Raul C. D. Nacamulli ha attentamente studiato il modello organizzativo di Cuore Corporation.

XY: mi fermo qui, spero che questi appunti ti servano a qualcosa, ci sentiamo e se non ci sentiamo buone vacanze

Il cuore della rete

Cuore com’era
Cuore supplemento settimanale di satira dell’Unità, esce ogni lunedì dal 1989. Copre un preciso spazio di mercato: quello occupato alla fine degli settanta Il Male, e poi dal precedente supplemento satirico dell’Unità, Tango (del quale Cuore eredita molti dei collaboratori).
La satira, politica (le polemiche all’interno del partito, l’atteggiamento del Partito Socialista, il perdurare del potere democristiano offrono abbondanti motivi), ma anche di costume (ricordiamo l’uscita quotidiana durante i campionati mondiali di calcio del 1990), è chiaramente connotata: è orientata a sinistra, ma non si identifica con le posizioni del Partito Comunista. Eppure la filiazione –alla lettera: il considerare il Partito Comunista come padre–, lungi dall’essere occultata, è ostentata e gestita come valore.
Alla fattura di Cuore presiede un gruppo affiatato e coerente politicamente di disegnatori e autori di testi. Il rapporto con la testata è partecipativo e vocazionale: in sostanza un secondo lavoro, svolto prima che per denaro per gioco, piacere, convinzione politica.
La testata si rivolge a lettori che non si arrendono alla partitocrazia e alla corruzione. I lettori -ma fino all’autunno del 90 non viene fatta nessuna indagine di mercato- sembra essere per la maggioranza giovanile.
Gli andamenti diffusionali dicono che ogni lunedì la presenza di Cuore incrementa il venduto dell’Unità di 35.000 copie. La Festa di Cuore a Montecchio (Reggio Emilia), versione ‘satirica’ della Festa dell’Unità, nell’89 e nel 90 raccoglie 200.000 presenze.

1. Sfondo
La fine del 1990 vede in corso l’evoluzione del Partito Comunista verso il Partito Democratico della Sinistra. Anche all’interno del partito si aprono sempre maggiori spazi per atteggiamenti non paludati, non tradizionali. La diminuzione dei voti e la laicizzazione delle modalità di appartenenza politica (crisi delle iscrizioni, minore disponibilità al lavoro militante) impongono al partito e alle organizzazioni vicine mutamenti di rotta: non bastando più sottoscrizioni e autofinanziamento, si devono cercare nuove modalità organizzative, amministrative, di gestione economica. All’interno delle organizzazioni il ‘sapere’ organizzativo-imprenditoriale è limitato. La tentazione di imitare passivamente, adeguando le proprie organizzazioni ai modelli offerti dal mercato è forte. E’ inevitabile ricorrere all’esterno? E’ inevitabile adeguarsi ai comportamenti tipici imprese industriali, agenzie pubblicitarie, di ricerche di mercato, di pubbliche relazioni? E’ indispensabile dotarsi di funzioni di marketing, di controllo di gestione?
In questo contesto nasce la società editrice di Cuore settimanale autonomo. La magniloquente denominazione della società Cuore Corporation–, scelta dal Direttore di testata, sottolinea appunto ironicamente tutti i dubbi e le remore di fronte alle regole, alle consuetudini e ai valori del mercato.

2. Cuore Corporation
Cuore Corporation, Società a responsabilità limitata, 80 milioni di capitale sociale, è fondata alla fine del 1990 da tre soci: la casa editrice dell’ Unità, che resta proprietaria del marchio Cuore, la casa editrice Feltrinelli e XY, al momento top manager di una grande casa editrice, qui presente in proprio, e delegato dagli altri soci a gestire in toto l’azienda, in quanto Amministratore unico.
Di fatto, è da subito evidente che il business è legato all’interazione di due volontà: quella del Direttore di testata e quella dell’Amministratore unico.

3. Il Direttore di testata
Michele Serra, giornalista trentottenne, fedele fino allora all’Unità, alla sua prima esperienza come direttore, è al contempo principale risorsa e principale vincolo dell’iniziativa.
E’ portatore di una ben definita (e conosciuta a livello nazionale, e sufficientemente originale) posizione politico-ideologica. Si pone come portavoce di quella che chiama ‘sinistra non pacificata’: non conformista, non rassegnata alla partitocrazia, al sottogoverno, al consumismo. Significativamente, sceglie come sottotitolo: ‘Settimanale di resistenza umana’. E’ portatore di una difesa dei valori tradizionali: la famiglia, l’amicizia, e anche, dice, delle vecchie sane professioni, che rimandano a una storia, ma anche a un inequivocabile contenuto lavorativo: il fabbro, il panettiere (di qui l’ironica critica delle professioni moderne o post-moderne: cosa vuol vire fare lo ‘specialista di gestione delle risorse umane’? Cosa vuol dire fare lo ‘stilista’?). Di qui, conseguentemente, lo scetticismo nei confronti delle tecniche di marketing, che tende a considerare inutili (se non per chi di questo lavoro vive) quando non controproducenti (come sintetizza questa battuta: ‘Anna Maria Testa è stata davvero brava; la sua campagna pubblicitaria non ci ha danneggiato quasi per niente’).
In un contesto caratterizzato dalla caduta di valori si vanta di essere moralista, intransigente; ma è anche lontano da ogni forma di estremismo e di rigidità ideologica. E’ un giovane ‘normale’: vicino al suo pubblico come età e stile di vita. E’ abbastanza sicuro di sè da non temere di divenire una pedina di un gioco editoriale per lui incontrollabile; e allo stesso tempo abbastanza duttile e disponibile alle ragionevoli mediazioni da poter lavorare all’interno di una organizzazione che ha anche obiettivi di profitto.

4. L’Amministratore unico
XY, grande esperto di marketing, è un manager cinquantenne, giunto al vertice della carriera come Direttore Generale dell’Area periodici della Casa Editrice leader di mercato (Arnoldo Mondadori Editore).
Nel 1990 ha ormai maturato la decisione di lavorare in proprio. La scelta per un futuro di imprenditore corrisponde a un bisogno di nuovi stimoli, ma anche al desiderio di liberarsi dai vincoli della grossa organizzazione: lentezza dei processi decisionali, grande frazionamento delle deleghe, compromessi legati al ‘sottogoverno’ aziendale.
L’istinto imprenditoriale (supportato da una indagine di mercato) gli permette di valutare tempestivamente
– l’impossibilità di far editare Cuore dalla Mondadori: Cuore sarebbe apparso ‘comprato’, e privato quindi della sua credibilità.
– il potenziale del prodotto: assenza di competitori, fedeltà dei lettori, possibilità di articolare attorno alla testata una gamma di prodotti / servizi (altre testate periodiche, libri, prodotti di cartolibreria, spettacoli e manifestazioni, ecc.).
Ma alla decisione di impegnarsi nel progetto di Cuore concorre anche, in modo fondamentale, l’affettività. C’è la stima non solo professionale nei confronti del Direttore (di cui XY ammira il talento, ma di cui teme anche la relativa incoscienza di fronte ai rischi del progetto). E c’è il fatto che Cuore inserto dell’ Unità piaceva ai figli del manager, era oggetto di lettura congiunta e argomento di conversazione in famiglia.

5. Il progetto
Si tratta dunque di un progetto imprenditoriale che coniuga obiettivi politici, carisma giornalistico, sapere di marketing.
Alla base sta una idea, che sarebbe riduttivo chiamare ‘idea di business’: è una idea alla cui realizzazione piace partecipare, in qualche modo anche prescindendo dalla remunerazione (siamo sul confine lavoro/tempo libero, lavoro/impegno politico): produrre un settimanale diverso da tutti quelli offerti dal mercato; diffonderlo in tutte le edicole d’Italia. Un settimanale che sia un segno di non rassegnazione. Un settimanale edito da un ‘editore puro’, nel momento in cui gli editori puri scompaiono dal panorama italiano; un settimanale che non prevede di accogliere pubblicità, e che ha un conto economico fondato esclusivamente sulla vendita in edicola.
Attorno alla testata, è previsto lo sviluppo di altri prodotti giornalistici e non.

6. La filosofia: campagna pubblicitaria come esempio
L’Amministratore, abituato in quanto manager di grande Casa Editrice ad operare in una organizzazione articolata per funzioni –marketing, controllo di gestione, contabilità analitica, personale, ecc.–, parte dall’ipotesi che Cuore Corporation non abbia bisogno di tutto questo per garantirsi una tranquilla gestione e una pronta risposta agli stimoli del mercato. Ciò, d’altronde, non significa rinunciare ad usare, dal punto di vista del progetto, gli insegnamenti del marketing, del controllo digestione, ecc..
La filosfia del prodotto Cuore, e quindi del progetto, e quindi della organizzazione di Cuore Corporation, dice: non ci si dovrà omologare, ma non si dovrà nemmeno cercare di essere diversi per principio.
Valga l’esempio della campagna pubblicitaria. Rinunciarvi avrebbe significato porsi ‘contro’ le regole del mercato. La scelta è invece di accettare le regole, nell’ipotesi che le regole garantiscano margini di comportamento ‘alternativo’ non sfruttati da chi già opera per scarsa creatività, per pigrizia, conformismo o corporativismo. Nello specifico della campagna, quanto sopra vuol dire che il budget sarà limitato, ma che non per questo non potrà essere raggiunto l’obiettivo (attraverso spazi su quotidiani e settimanali, e attraverso affissioni) di una efficace comunicazione.
In questo senso, anche rispetto a consuete politiche di marketing e a inveterate consuetudini organizzative, dice molto l’headline della campagna di lancio: ‘contro il muro dell’indifferenza, una testata’: a volte si può sfondare un muro a testate, a volte si riesce a fare qualcosa di nuovo.

7. Decollo
A cinque mesi dall’uscita in edicola Cuore settimanalmente oscilla tra le 115.000 e le 120.000 copie. Il prodotto è inconfondibile sul punto vendita (carta verde, testata rossa), così come è inconfondibile nei contenuti. A metà giugno esce Cuore compact, primo numero della raccolta trimestrale in formato album dei numeri già usciti. A settembre la redazione lascia Milano per trasferirsi a Bologna (restano a Milano sede legale e amministrativa). Per l’inizio dell’anno scolastico saranno in vendita quaderni e diari di Cuore.

8. Il modello organizzativo: prima approssimazione
Non esiste un modello progettato a priori, o dall’esterno (e questo, diciamo subito tra parentesi, è il primo motivo della sua efficacia).
L’organizzazione nasce condizionata da:
– urgenze: fine novembre definizione di massima del progetto, fine dicembre costituzione della società, fine gennaio numero zero, 4 febbraio primo numero in edicola (non c’è tempo per ragionare a tavolino su come dividere il lavoro; c’è solo il tempo per fare)
– limiti delle risorse finanziarie (si è investito solo nella campagna pubblicitaria e nell’acquisto di hardware)
– organico contenuto: al momento del lancio si limita a 5 giornalisti, ivi compreso il direttore e 1 segretaria di redazione
– necessità di ricorrere a collaborazioni esterne.
Si tratta di vincoli salutari perché obbligano a rinunciare a ogni ridondanza, a tutto ciò che vada oltre il minimo indispensabile.
Chi lavora o collabora a Cuore è consapevole di questi vincoli, e li considera un ragionevole prezzo da pagare per non gravare il progetto di costi che potrebbero comprometterne il successo. E’ quindi disposto ad accettare un ragionevole tasso di disfunzioni, sa di doversi anche ‘arrangiare’, sa che ci aspetta che ‘aguzzi l’ingegno’.
Si fa appello al senso di appartenenza, al lavorare divertendosi, partecipando a un progetto innovativo, toccando con mano ogni aspetto del ciclo di lavorazione.
Si lascia spazio al ‘farsi’ dell’organizzazione, alla capacità del sistema di reagire alle diverse fasi di avanzamento del progetto.
L’organizzazione prescinde dagli esempi forniti dal contesto (ciò che fanno aziende simili, ciò che viene fatto per realizzare prodotti simili, non è preso a modello). L’organizzazione non ha altro modello se non se stessa.

9. Il modello organizzativo: approfondimenti
– In assenza di figure professionali occupate a definire l’unica a scapito dell’altra i propri margini di autonomia, o vincolate da ruoli rigidamente strutturati, è stato possibile costruire i ruoli attorno alle persone, a partire dalle loro skill. Per esempio: della segretaria di redazione è messa a frutto al massimo la precedente esperienza di tastierista; del grafico è messa a frutto l’abilità nel disegno.
– Per coprire i ruoli organizzativi inizialmente non formalmente coperti, si è utilizzato (attraverso collaborazioni) il know how diffuso in luoghi diversi del mercato, precipuamente all’interno delle grandi organizzazioni editoriali. Si tratta di ‘saperi’ che la grande organizzazione ha saputo far crescere, ma che non è in grado di sfruttare. Esempio: la figura dell”impiegato tecnico’, responsabile del coordinamento della produzione.
– Si è dotata l’organizzazione di tutti i supporti tecnologici utili a garantire (a) l’indipendenza operativa, prescindendo così dalla dipendenza di ‘esperti’ esterni; (b) il controllo, fin dove possibile del ciclo di realizzazione del prodotto; (c) un contenimento dei costi. Una rete di elaboratori Mcintosh permette di chiudere in redazione le pagine complete.

10. La Terza Figura
Come può funzionare un simile modello organizzativo? Un modello che non prevede gerarchie ma solo rapporti funzionali, un modello ‘rizomatico’ (invisibile, sotterraneo, di aspetto indefinito), un modello a base zero, che prescinde da tutto ciò che di volta in volta non pare indispensabile. Può funzionare perché l’Amministratore completa lo scheletro del modello –che contempla due figure strategiche: l’Amminitratore stesso e il Direttore– con una Terza Figura.
Di questa figura non sono predefiniti i compiti; è difficile anche darle un nome. E’ chiara solo una cosa: gli compete fare sì che tutto funzioni. Le aspettative si vanno definendo nel durante. Ciò che innanzitutto gli si chiede non sono contenuti professionali, ma una forma, una forma elastica: l’attitudine ad adattarsi plasticamente a riempire tutti i vuoti di una organizzazione che per scelta è lacunosa; la disponibilità a surrogare i ruoli assenti; la mobilità, necessaria per ‘tappare i buchi’ il più rapidamente possibile; la capacità di pensare dal punto di vista dell’organizzazione.
E’ in virtù della presenza di questa figura che il sistema può permettersi di ricorrere all’esterno non chiedendo di adattarsi ad esigenze di volta in volta mutevoli, ma anzi adattando i materiali e le informazioni alle condizioni standard richieste dagli enti esterni per offrire i loro servizi (esempio: contabilità generale, paghe e contributi) al costo più basso.
E’ in virtù della presenza di questa figura che il sistema può agire in condizioni di tendenziale sotto organico: la figura –muovendosi orizzontalmente, lavorando con priorità variabili, tra aree funzionali diverse: marketing, controllo di gestione, contabilità analitica, personale– si pone come sostituto virtuale di tutte le figure professionali che l’organizzazione non contempla. (La figura dovrà anche sapersi autolimitare: conoscere la soglia fino alla quale può agire direttamente, ed oltre la quale sarà opportuno ricorrere a risorse esterne, o ad assunzioni).

11. Terza figura: approfondimento
Nella misura in cui può valere, come metafora del modello organizzativo, una rete di personal computer, la ‘Terza Figura’ funge da ‘server di rete’:
(i) garantendo i collegamenti interni ed esterni;
(ii) garantendo al sistema una sollecita risposta agli stimoli. (Esempio: affidando a terzi una attività che si riveli necessaria, acquistando nuove attrezzature, proponendo all’amministratore ampliamenti dell’organico dove e quando sia necessario, mettendo in atto interventi premianti o punitivi nei confronti delle risorse)
(iii) costituendo la ‘memoria’ dell’organizzazione: è la fonte delle procedure orali o scritte, è il depositario degli archivi
(iv) ponendosi come presidio a fronte di emergenze, in modo da garantire la continuità dell’attività.
Il ruolo della ‘Terza Figura’:
(v) Si definisce per differenza: in ognuno dei luoghi dell’organizzazione aziendale dovrà garantire, anche, se del caso, in prima persona, la copertura delle aree di attività che di volta in volta si rivelino non coperte – dal controllo di gestione al fattorinaggio.
(vi) Opera per default: tutti i collegamenti (tutti gli scambi di informazioni e di materiali) passano per la ‘Terza Figura’. Sarà lui a decidere (assumendosene la responsabilità) che un collegamento consolidato può svolgersi direttamente tra due luoghi dell’organizzazione, senza passare attraverso di lui.

11. Excursus epistemologico
“Tutto ciò che è detto, è detto da un osservatore” (Maturana, in Humberto R. Maturana – Francisco J. Varela, Autopoiesis and Cognition. The Realization of the Living, D. Reidel Publishing Company, Dordrecht, Holland, 1980; ediz. it. Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente, prefazione di Giorgio De Michelis, trad. di Alessandra Stragapede, Venezia, Marsilio, 1895 e –ediz. riveduta e corretta– 1988). L’organizzazione esiste perché qualcuno la descrive. E’ significativo il fatto che a scrivere dell’organizzazione di Cuore sono io, che vi lavoro. Se osservassi l’organizzazione da un altro luogo (da un altro ruolo), presumibilmente, ne parlerei altrimenti. Se a parlare dell’organizzazione di Cuore fosse un consulente, o un docente di organizzazione aziendale, si potrebbe eccepire che si tratta di un sapere importato dall’esterno, imposto, straniero rispetto ai contenuti della testata e alla filosofia del progetto. Invece a parlare dell’organizzazione di Cuore sono io che copro il ruolo di Terza Figura, ovvero di un osservatore partecipante, che non impone al sistema, regole esterne, ma si fa garante della perpetuazione delle regole del sistema, che lo difende dalle pressioni esterne, che ne accetta le specificità e l’evoluzione.
Osservo funzionare il sistema-Cuore – ogni settimana la viene decisa la tiratura, la redazione realizza il giornale, il giornale viene distribuito in tutte le edicole d’Italia, i lettori lo comprano e lo leggono; presso la sede arrivano fatture, vengono registrate, vengono saldate; la campagna pubblicitaria appare su Repubblica; e al limite non c’è bisogno che io faccia niente, ma la mia presenza è garanzia del fatto che tutto ciò che serve venga fatto, e che all’organizzazione non manchino le attività fondamentali per la sua vita.
Stare a guardare è rendere possibile la produzione: l’osservatore è colui che ricorda al sistema chi è, è il depositario della memoria genetica, il sistema vive, e non importa se ogni proprietà misurabile della struttura organizzativa cambia totalmente in un processo di continuo adattamento all’evolversi degli stimoli interni e delle condizioni esterne. Di questo l’osservatore non si spaventa: osserva, non controlla.

12. Excursus letterario
Giuseppe arriva di fronte alla targa di smalto sulla quale si legge: “C. Tobler, Ufficio Tecnico”. Si presenta: “sono il nuovo impiegato”. Ma è qualcosa di più di un impiegato, è l’assisitente. Quando Tobler, l’imprenditore, gli spiega i suoi compiti Giuseppe, “per chissà quale stranezza”, ne capisce solo la metà. (Robert Walser, Der Geh�lfe, 1908; ed. it. L’assistente, trad. di Ervino Pocar, Einaudi, 1961 e –con un saggio di Claudio Magris– 1990).
Ma il fatto è che i compiti non possono essere spiegati, non possono essere nemmeno definiti: gli obblighi dell’impiegato non stanno né qui né espressamente lì, ma dappertutto. Deve copiare documenti, e lettere; ma poi dovrà scriverle in prima persona, scrivendo quello che avrebbe scritto il principale; deve tenere una contabilità e deve fare allo stesso tempo il fattorino; e allo stesso tempo è quasi un membro della famiglia (la famiglia e l’azienda sono così vicine fra di loro che, per così dire, si toccano materialmente).
Anche le ore di lavoro non sono esattamente delimitate, e “si estendono talvolta fino alla notte”. Ma non c’è motivo di lamentarsi: chi può mai avere da fare solo cose gradite e piacevoli? Questo perlomeno è un lavoro dove uno può muoversi senza vincoli di ruolo, da Alter Ego, Factotum. Si chiede un atteggiamento di servizio, è un lavoro che esige fedele riservatezza, ma si offre in cambio il piacere di stare dietro le quinte, la possibilità di muoversi negli angoli e nelle fessure, la possibilità di osservare un ciclo di produzione nella sua interezza, la possibilità di autoorganizzarsi, di espandersi in un ruolo senza confini, rotondo come una palla.

13. Factotum, ovvero Signorina
Walser –che parla per esperienza diretta: aveva scelto di lavorare davvero così– ci illumina genialmente il ruolo dell’assistente: che lavorando si pone a lato, mai al centro; che si adatta plasticamente alle esigenze; che riempie i vuoti.
Qui non stiamo già più parlando della ‘Terza Figura’ ma del suo braccio operativo. Sono passati ormai sei mesi dal decollo: sono diventati numerosi gli adempimenti di routine e i carichi di lavoro operativi.
Il rischio, per tutti, è di perdere la lucidità e di soccombere allo stress. La Terza Figura in particolare, si trova schiacciata dal carico di lavoro, costretto a lavorare sempre in emergenza (perdendo così la capacità di osservare, che è la parte più significativa del ruolo: osservare, per capire di cosa ha bisogno l’organizzazione, ed intervenire quindi con surroghe di funzioni assenti, correzioni di rotta). E all’Amministratore non servono analisi sofisticate –il sistema azienda è piccolo e facilmente dominabile– serve un flusso costante, tempestivo, standardizzato di informazioni sull’andamento gestionale.
Emerge quindi l’esigenza di una risorsa che si faccia carico del carico di lavoro operativo, e che offra un supporto di segreteria. Chiameremo questa figura -responsabile degli archivi, dei controlli amministrativi, della circolazione delle informazioni di routine, della segreteria- factotum, o ‘signorina’, dove la ‘signorina’ è la segretaria, ma non solo segretaria, persona di una certa età e di assoluta affidabilità, perfetta dominatrice del sistema aziendale, che fungeva da unica e indispensabile spalla –e il fatto che si tratti di presenza femminile non è irrilevante– dell’imprenditore degli anni cinquanta e sessanta, quando ancora non si parlava di contabilità analitica, controllo di gestione, auditing, marketing e relazioni esterne.
Se la ‘Terza Figura’ è la poiesis (creazione, produzione), la ‘signorina’ è la praxis (l’azione), se la ‘Terza Figura’ cerca la mediazione e cerca soluzioni creative, la ‘signorina’ impone il rispetto degli standard e ‘fa quadrare i conti’.

14. Il modello: articolazioni interne
Attorno a queste figure –le cui competenze appaiono ora abbastanza precise, e condivise– l’organizzazione di Cuore Corporation ha raggiunto, per tentativi ed errori, una forma adeguata alle sue esigenze attuali.
Il modello organizzativo, visto nelle sue articolazioni interne, si presenta come sistema formato da tre aree, parzialmente sovrapposte e interagenti:
(i) imprenditorialità
(ii) ideazione
(iii) ingegnerizzazione.
(i) Attorno all’ Amministratore si collocano, oltre ai suoi consulenti privati, i soci: di qui vengono gli stimoli all’innovazione ed i vincoli alla spesa, qui vengono prese le decisioni strategiche.
(ii) Attorno al Direttore ruotano i redattori e i collaboratori esterni: qui viene ideata e realizzata la testata, vengono progettati i nuovi prodotti, di qui emergono i contenuti che alimentano la fislofia del progetto.
(iii) A lato della ‘Terza Figura’ opera il braccio operativo ‘Signorina’: da questo luogo viene garantita l”ingegnerizzazione’ delle scelte dell’Amministratore e del lavoro della redazione.
I confini delle aree sono sfumati, le aree sono parzialmente sovrapposte, ogni area dispone anche, sia pure in misura parziale, delle skill dell’altra. Il lavoro si svolge sulla base di ampie deleghe dell’Amministratore, deleghe elastiche e non formalizzate, sottoposte a una ridefinizione quotidiana.
Sia l’Amministratore che la ‘Terza Figura’ dedicano a Cuore Corporation solo una quota parte del tempo di lavoro.

15. Morfologia
Ora, osservando l’organizzazione nel suo funzionamento, si pu• parlare di rete: senza necessit… di ricorrere alla gerarchia per definire rapporti e competenze, senza altri collegamenti se non quelli garantiti dal nucleo elastico costituito da ‘Terza Figura’ e ‘signorina’, agiscono in sinergia tutti i ‘nodi’ di volta in volta necessari alla vita dell’organizzazione. I principali sono:

Redazione: oltre al Direttore, 4 redattori e 2 collaboratori fissi; due dei redattori lavoravano già con il Direttore a Cuore inserto dell’Unità. Uno dei redattori nuovi assunti copre di fatto il ruolo di Caporedattore: responsabile dell’organizzazione interna del lavoro e del rispetto delle scadenze; pur nell’ambito di ruoli non rigidamente definiti, uno dei due redattori anziani lavora al mantenimento dei rapporti con l’area politica di riferimento, mentre l’altro mantiene i rapporti con i collaboratori

Grafici: 3 collaboratori esterni, presenti a turno in redazione tre giorni alla settimana, soci di una cooperativa bolognese di comunicazione e immagine, esperti nell’uso di strumenti informatici ma non di grafica applicata alla stampa periodica, sono gli autori del progetto grafico della testata. Sono stati scelti dalla redazione in quanto considerati consonanti con la filosofia del progetto.

Collaboratori redazionali: responsabili di rubriche, autori di testi, disegnatori, salvo eccezioni collaboravano già all’inserto dell’Unità.

Segreteria di redazione: occupa il 50% del tempo di lavoro a battere i testi degli articoli.

Coordinamento tecnico della produzione: è affidata all’esterno (vedi par. 10).

Distribuzione: affidata a un grande distributore, che garantisce la presenza in edicola il lunedì mattina su tutto il territorio nazionale.

Contabilità generale, bilancio, I.V.A., adempimenti fiscali, paghe e contributi: attività affidate a uno studio esterno.

Agenzia pubblicitaria: la scelta dall’Amministratore e dal Direttore è caduta su un copywriter consonante con la filosofia del progetto (vedi par. 4 e 7).

16. Logistica
Né per l’immagine di Cuore Corporation, né per dare certezza all’organizzazione c’è bisogno di una sede, una sede fisica, più o meno lussuosa.
La rete è anche rete di luoghi diversi, collegati telefonicamente, via fax, via posta, via modem, attraverso fattorini o corrieri. La sede della redazione, fino ad agosto 1991 presso la sede milanese dell’ Unità e poi nel palazzo che ospita la sede bolognese del Partito Democratico della Sinistra, è dotata, oltreché di un fax (attraverso il quale si ricevono anche illustrazioni dei collaboratori), e di una fotocopiatrice, di 4 computer Mcintosh (un Fx e un Si con schermi grafici a colori, due Classic, implementati con due scanner, una stampante laser, un disco rigido esterno e un lettore di datapack, programma di impaginazione Quark Xpress).
Dalla sede bolognese le informazioni delle pagine complete sono trasmesse via modem a Milano, dove si svolge il ciclo produttivo, e da dove parte la distribuzione.
La sede amministrativa, dove lavora la ‘Signorina’, dotata di un suo numero telefonico e un fax, è ospitata nei locali dello studio che offre i servizi di contabilità generale.

17. Ritorno al modello: postilla sull’evoluzione del sistema e sull’apprendimento
Tra la via di chi crede che un’organizzazione per avere probabilità di successo debba nascere “adulta”, ovvero con la sua capacità bella e fatta, con tutti i suoi ruoli ben specificati, la sua sede lussuosa e la sua pesante campagna pubblicitaria, e chi invece crede che un sistema si costruisce da solo, auto-organizzandosi progressivamente, attraverso un processo di crescita che non solo è inevitabile, ma è salutare, tra queste due vie Cuore Corporation ha scelto senza esitazione la seconda.
Si è partiti da un sistema “bambino”, che non sapeva fare fronte ai suoi scopi istituzionali –fare e vendere settimanalmente un giornale– e si sono create le condizioni di esperienza e di apprendimento perché il sistema acquisisse da solo la capacità adulta.
Se fossimo partiti percorrendo l’altra via avremmo di fronte anni di cammino in salita – costretti a ingigantirci per recuperare un pesante investimento iniziale. Invece ora non abbiamo di fronte un cammino in discesa, ma perlomeno un cammino su una strada piana: crescere, ripeto, avendo come modello se stessi.

18. Fattori di rischio e di crisi
Per non cadere nell’apologia, o nell’autoesaltazione, concludo così: l’organizzazione Cuore Corporation funziona, ma funziona, per definizione, a rischio. I carichi di lavoro sono notevoli, non esistono figure sulle quali ‘scaricare’ quote di attività: perciò incombe su tutti il rischio dello stress, della disaffezione, della perdita tranquillità, del non divertirsi più.
Ma ben venga questa necessità di continui adeguamenti: è il segno che non si è schiavi del grigiore entropico dei ruoli professionali standardizzati e impersonali delle organizzazioni, e delle piccole organizzazioni esemplate sul loro modello – non a caso questa è la scelta di un manager di vertice che ha toccato con mano i limiti delle grandi organizzazioni.
Forse salva la rete, il fatto che in questo sistema trasparente, senza centro, senza ruoli dietro ai quali nascondersi, non esiste nessun luogo dove si possano annidare le tendenza delle figure professionali ad autoperpetuarsi, privilegiando la difesa del proprio lavoro rispetto alla crescita del sistema.