Crollo di volumi cubisti sul mare e sguardi volti altrove. Marcello D’Arco, Dipinti 2009-2016, Sala Telemaco Signorini, Portoferraio, 3-11 settembre 2016


Qui di seguito riporto il testo pubblicato su Il Tirreno, sabato 3 settembre 2016, proposito della esposizione di Marcello D’Arco, Dipinti 2009-2016, Sala Telemaco Signorini, Portoferraio, 3-11 settembre 2016.
Qui il link all’articolo sul sito del quotidiano.

L’acqua del mare è una serie di strati di colore sopra la spiaggia, tutti i toni della tavolozza più nota di Marcello D’Arco, dal bianco luminescente all’azzurro, al turchese, al blu. Cielo e mare nei suoi quadri possono confondersi e sostituirsi, ma qui c’è il taglio netto dell’orizzonte. Il geometra è una testa che emerge dall’acqua, sull’orizzonte. Il corpo è una approssimativa sagoma a braccia aperte, separata dalla testa, si sovrappone al mare. Forse il geometra non sa nuotare. Possiamo immaginare sia la Spiaggia delle Ghiaie, luogo mitico dell’infanzia di ogni portoferraiese. Se si tratta delle Ghiaie, il geometra guarda verso occidente, verso un invisibile Capo Bianco.

Sogno del geometra
Il sogno del geometra è il titolo dell’opera che sintetizza l’ultima mostra di Marcello D’Arco (Dipinti 2009-2016, Sala Telemaco Signorini, Portoferraio, 3-11 settembre 2016). C’è dell’ironia nell’immaginare un geometra portoferraiese che non sa nuotare. Ma Marcello D’Arco ci invita a riflettere sulla perdita di radici, di identità, un male che in qualche misura colpisce forse lui stesso, così come colpisce gli stessi suoi concittadini. In un’Isola d’Elba uniformata dall’offerta di servizi turistici, Portoferraio spicca comunque per la sua unicità. Una unicità, però, troppo spesso ignorata, mal raccontata. Sottovalutata dagli stessi portoferraiesi. Eppure solo i portoferraiesi possono raccontare il segreto fascino della loro città.
Portoferraio: un antico insediamento romano. E poi soprattutto la meravigliosa città fortificata voluta da Cosimo dei Medici: Cosmopolis, progetto di una città ideale. Le tracce nel tessuto urbana della breve ma intensa presenza di Napoleone. Un porto naturale unico al mondo. Un profilo inconfondibile -Portoferraio osservata dall’altro lato del Golfo- ritratto da Telemaco Signorini e da Paul Klee.
Si potrebbe pensare che, nel ritrarre Portoferraio, non c’è novità possibile. E che c’è spazio orami solo per immagini oleografiche, cartolinesche. Marcello D’Arco -forte anche di una solida conoscenza della storia e dell’architettura della sua città, ma anche sempre disposto ad accettare la visione, l’incanto- è sempre andato oltre.
Ecco così nei suoi quadri Portoferraio come cascata di volumi cubisti, giù verso il mare. Portoferraio sporta sull’acqua, ma serrata nei bastioni a picco sull’acqua. Città protetta, segreta. Città osservata da prospettive inusitate, vista dall’alto come astronave -ben prima che banali droni permettessero sguardi dall’alto, l’artista aveva saputo immaginare.

 

quadro-darco
I blocchi crollanti sono una prosecuzione, senza soluzione di continuità, di forme geometriche di colore: i colori del cielo e del mare confusi con il rosa e il giallo delle case di Portoferraio, con l’ocra e il mattone delle fortificazioni.
Non crediamo sia irrilevante il luogo dove Marcello D’Arco ha creato le opere: il suo studio al Forte Inglese apparteneva pienamente a questa scena urbana, alla Portoferraio medicea, al porto senza uguali. Con sempre presente un qualcosa di fatiscente, non per questo meno nobile. La volta a botte dello studio, la luce dalla finestra sul fondo: il luogo era consono alla generazione di queste opere, di queste immagini della città. Non ripetizioni, ma variazioni. Perché lo sguardo è sempre errabondo, e cambia la luce con il trascorrere delle ore e con il mutare del clima. Città che è sempre anche città interiore. Luogo del ricordo e del sogno.
Ma vicende della vita hanno allontanato Marcello D’Arco da quel luogo. E quindi da questa Portoferraio immaginata e fermata sulla tela.
Come ricominciare, e da dove.
Ecco dunque Il sogno del geometra. Opera anomala nella produzione di Marcello D’Arco. Momento di passaggio.
I colori del cielo e del mare sono qui presenti nella forma strutturale più semplice: strati. La spiaggia, la terra, è il lieve strato di colore in basso, sul quale si appoggia la costruzione.
Lo sguardo del geometra misteriosamente rivolto a occidente, oltre l’invisibile Capo Bianco è, possiamo immaginare, anche lo sguardo di Marcello D’Arco che esplora un nuovo, diverso modo di esplorare il suo mondo.
Così la mostra ci offre esempi di opere nelle quali si coglie l’inconfondibile mano del pittore, già nota. Immagini di Portoferraio osservata dal golfo, cristallina, nella purezza delle sue forme. Portoferraio crollante osservata attraverso una finestra dalle tipiche persiane verdi.
Ma ci offre anche le opere di una sofferta ripartenza. Tentativi di nuove vie. Nello sguardo che osserva dall’alto la spiaggia del Forno, forme tondeggianti, serpeggianti, in luogo dei blocchi e dei geometrici spigoli vivi. La geometria portata all’estremo: barche di legno e barchette di carta, giocosamente giustapposte, formano una stella.
Portoferraio c’è ancora. Il mare e il cielo, ancora, non sono separati da confini: possono ancora invertirsi. Ma ora al posto del chiarore, dell’azzurro e del turchese, stanno colori lividi. Cambia la vita dell’artista e cambiano i colori. La terra bruciata è il punto di partenza, per inoltrarsi oltre l’ocra, verso la testa di moro, i diversi toni del bruno, il rosso scuro, la notte. Fino alla monocromia del Duomo.
Osservando questa Portoferraio non sappiamo quando tornerà una luce più serena. Eppure ogni quadro è sempre organizzato attorno ad un punto centrale. Un luogo di irradiazione della luce.