Vi spiego le 5 leggi bronzee dell’era digitale e perché conviene trasgredirle, intervista su ‘Tiscali Innovazione’, 26 febbraio 2021


Grazie a Michael Pontrelli per la sua intervista, apparsa su Tiscali Innovazione il 26 febbraio 2021.
Riporto il testo dell’intervista qui di seguito.

“Vi spiego le 5 leggi bronzee dell’era digitale e perché conviene trasgredirle”
Tiscali News ha sentito Francesco Varanini, scrittore e direttore della rivista Persone & Conoscenze

Di leggi bronzee parlò lo scrittore tedesco Johann Wolfgang Goethe nella poesia Il divino scritta alla fine del 1700, ovvero negli anni in cui nasceva il mondo moderno, guidato dalla progresso tecnologico. Il letterato tedesco affermò che l’essere umano vive schiacciato sotto leggi inderogabili, leggi della natura e del progresso chiamate bronzee per rimandare all’idea del metallo e alla sua durezza.

Anni dopo l’idea di Goethe venne ripresa da Ferdinand Lassalle, uno dei leader del movimento operaio tedesco e figura di riferimento del riformismo socialista. Lassale formulò la legge bronzea del salario che esprimeva un concetto molto semplice: il compenso dei lavoratori è schiacciato verso il basso dalla tecnica e dall’innovazione, perché dopo fasi di crescita puntualmente arrivano sul mercato macchine in grado di sostituire gli uomini e riportare i salari ai livelli minimi.

La conclusione di Lassalle contrasta con uno dei principi cardine dell’economia liberista che lega la crescita dei salari alla crescita della produttività che a sua volta dipende dal progresso tecnologico. I recenti sviluppi della rivoluzione digitale in corso stanno però riportando a galla con prepotenza l’idea che le retribuzioni (ma non solo) siano effettivamente regolate dall’esistenza di leggi bronzee.

Un interessante riflessione sul tema l’ha fatta Francesco Varanini nel suo bel libro Le Cinque Leggi Bronzee dell’Era Digitale. E perché conviene trasgredirle edito da Guerini e Associati, in cui attualizza ai giorni nostri le leggi inderogabili che schiacciano l’uomo e spiega (allo stesso tempo) perché l’essere umano in quanto essere senziente e intelligente è in grado di sfuggire ad esse. Tiscali News lo ha sentito.

Iniziamo ovviamente dalla prima legge: “Ti arrenderai a un codice straniero”. Cosa significa e perché è importante trasgredirla?
“Rispondo facendo una piccola premessa. La democrazia si può esercitare solo quando si conoscono e si comprendono le regole che governano la vita civile. Con la rivoluzione digitale ci troviamo di fronte invece a nuove regole, ovvero gli algoritmi, che condizionano le nostre vite in modo sempre più evidente, ma che pochissimi riescono a capire. E non mi riferisco solo al fatto che sono scritti in un codice, quello informatico, che un comune cittadino non riesce a comprendere, ma anche al fatto che il modo stesso in cui funzionano è noto a pochissimi. Quindi ci troviamo governati da codici stranieri, dato che le aziende digitali dominanti non sono italiane, che pesantemente ormai influiscono sulle nostre vite stabilendo, per esempio, le notizie che dobbiamo leggere, le persone che dobbiamo conoscere, cosa dobbiamo acquistare, quali posti visitare e per alcuni perfino quali potenziali partner frequentare. Bisogna prima di tutto avere consapevolezza di quanto ormai le nostre vite sono condizionate da questi algoritmi e pretendere che non siano delle black box (scatole nere) note solo alle aziende digitali proprietarie del codice ma trasparenti e comprensibili a tutti”.

La seconda legge afferma: “Preferirai la macchina a te stesso”.
“Il padre dell’informatica è considerato Alan Turing. Pochi riflettono su come il suo progetto di costruire una macchina in grado di sostituire l’uomo sia legato alla sua sfiducia in se stesso e negli altri esseri umani. Sfiducia nell’uomo e fiducia nella macchina, dunque. Atteggiamento che nel corso degli anni è stato instillato nelle vene di tutti. La risposta a questo tipo di cultura può essere solo una: qualsiasi macchina può funzionare ma mi fido di più di un uomo. I casi concreti di questa legge sono tanti. Pensiamo solamente alla medicina dove ormai gli algoritmi sono utilizzati diffusamente per diagnosticare malattie. Potenzialmente possono anche avere capacità di diagnosi superiori all’uomo, ma la nostra fiducia deve comunque essere riposta in un essere umano che guida la macchina e non viceversa”.

Terza legge: “Non sarai più cittadino, sarai suddito o tecnico”.
“Questo concetto riprende la teoria delle élite sviluppata all’inizio del ‘900. Le società, anche quelle democratiche, di fatto sono governate non dal popolo ma da una ristretta cerchia di individui, ovvero una élite. E’ una costante della storia. Con la rivoluzione digitale abbiamo assistito ad una mutazione dell’élite. Ai poteri forti tradizionali si sono affiancati i tecnici ovvero coloro che governano gli algoritmi. Allo stesso tempo è mutata anche la natura dei cittadini che, come abbiamo visto parlando della prima legge, non comprendono più le regole che governano la vita civile e pertanto non sono più cittadini ma sudditi. Volendo utilizzare un termine più moderno potremmo dire che sono diventati utenti. Contestualizzando la teoria delle élite al mondo contemporaneo la conclusione è che la popolazione si divide tra tecnici (depositari della conoscenza dei codici che governano il mondo) e sudditi/utenti che semplicemente si limitano ad utilizzare passivamente le piattaforme digitali. Aggiungo una cosa importante: la tecnocrazia, ovvero l’idea che sia corretto essere guidati non dai rappresentanti del popolo ma da dei super esperti, ovvero i tecnici, si estende ben oltre il mondo digitale e abbraccia ormai qualunque ambito della società, compreso quello politico. E la distanza tra élite e sudditi è cresciuta esponenzialmente proprio grazie alle tecnologie digitali che amplificano la potenza della propaganda e quindi della manipolazione dell’opinione pubblica. Trasgredire significa semplicemente pretendere che sia ristabilito il corretto rapporto tra tecnocrazia e democrazia”.

Quarta legge: “Lascerai alla macchina il governo”.
“E’ strettamente legata con le due leggi precedenti: la preferenza per la macchina e la trasformazione dei cittadini in sudditi governati da tecnocrazie. Questa quarta legge rappresenta un ulteriore passo in avanti: le decisioni sono affidate direttamente alle macchine. Pensiamo per esempio allo sviluppo delle smartcity: saranno gli algoritmi a regolare il traffico, le modalità di raccolta dei rifiuti o il dimensionamento dei trasporti pubblici. Decisioni che prima venivano affidate agli amministratori saranno delegate direttamente alle macchine. E’ evidente che sta prendendo piede una idea molto pericolosa: l’essere umano è meno adatto a governare la complessità rispetto agli algoritmi. E questa idea si estende a tantissimi ambiti. Pensiamo per esempio all’auto a guida autonoma, progettata volutamente senza volante. Cosa significa trasgredire questa legge? Pretendere dei limiti precisi agli ambiti decisionali che possono essere delegati alle macchine e alla loro potenza di calcolo”.

Quinta e ultima legge: “Vorrai essere macchina”
“Qui entriamo in un campo molto delicato, quello del transumanesimo, un movimento culturale che sta prendendo piede nella Silicon Valley, che punta all’ibridazione uomo-macchina per combattere le malattie, contrastare l’invecchiamento, aumentare le capacità fisiche e cognitive degli esseri umani senza timore di arrivare perfino alla trasformazione dell’uomo in una nuova specie post umana. Io credo che sia uno scenario realistico, si potrebbe effettivamente arrivare con successo ad una integrazione tra l’uomo e la macchina ma credo che anche in questo caso debba esserci un limite posto dalla saggezza. Se non si pongono dei limiti inevitabilmente l’uomo digitale diventa macchina. Ma l’uomo fa parte della vita, non può inventarsi una vita nuova fuori dalla vita. Come trasgredire questa legge? Tornando allo spirito, all’anima. E’ giusto sviluppare macchine sempre più intelligenti ma è altrettanto giusto conservare la nostra umanità. Ovvero accettare che abbiamo anche uno spirito e una saggezza che è una cosa complementare ma diversa dalla ragione”.