Indicatori Esg, autorità e libertà. Articolo apparso il 31 maggio 2022 su ‘Futura Network’. Ovvero le metriche secondo Amartya Sen e Martha Nusssbaum


L’articolo si trova qui.

Futura Network è il blog di un progetto promosso da ASviS – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.

Parto da ragionamenti generali:

Mentre l’Onu, l’Ue e gli Stati nazionali tentano di stabilire le metriche per misurare la sostenibilità, la comunità finanziaria riempie il vuoto imponendo i propri indicatori Esg. Bisogna identificare metriche comuni, adottando una molteplicità di quadri interpretativi.

Agire in nome dello sviluppo sostenibile è ormai un luogo comune. L’aspetto positivo di questo fenomeno è che esiste ormai un reale, crescente e globalmente diffuso orientamento verso la sostenibilità. Quello negativo è che spesso il termine sembra essere sgradevolmente usato come un omaggio al politically correct o alle mode. Da evidenziare, inoltre, che se la sostenibilità viene trasformata in un indicatore universale rischia di essere il cavallo di Troia dentro il quale nascondere mere operazioni speculative.

Per arrivare a toccare un punto chiave: come passare da buoni propositi a metriche. 

A prima vista, per raggiungere un risultato, la stesura di una lista di obiettivi appare necessaria e inevitabile. Allo stesso tempo però, siamo consapevoli dell’inadeguatezza insita nelle liste. Ogni elenco di cose da fare è per sua natura parziale e in fondo pericoloso, perché inevitabilmente esclude qualcosa di importante e perché rimanda all’autorità che l’ha compilato. Chi mai può avere l’arroganza di decidere cosa è importante per la salvezza della Terra e per ogni cittadino del pianeta di oggi e di domani?

Sembrano domande enormi, tanto vaste che pare impossibile aprire un dibattito in merito. A mio avviso, partendo dalla storia delle capabilities, possiamo arrivare a una sintesi e prendere una posizione.  Il concetto di capabilities intesa come l’attitudine che muove i cittadini verso lo sviluppo sostenibile è frutto del pensiero di due maestri: Amartya Sen e Martha Nussbaum.

Spesso il termine viene erroneamente tradotto in italiano con la parola capacità mentre dovremmo a sempre aggiungervi un aggettivo: capacità potenziali. O meglio tradurlo con la parola capacitazioni. Si tratta di definire le risorse di cui una persona dispone se viene posta nelle condizioni di scoprire in sé e portare alla luce queste risorse. Si tratta, in altri termini, dei talenti. Tesori spesso nascosti, le capabilities sono la fonte della libertà. La giustizia cui dovremmo tendere consiste nel garantire ad ogni cittadino del pianeta la possibilità di sviluppare le proprie capabilities.

Ma quali sono le capabilities? Su questo le posizioni di Sen e di Nussbaum si divaricano. Nussbaum, mossa dalle migliori intenzioni, stabilisce una lista di dieci capabilities. Possiamo anche essere d’accordo con l’importanza dei dieci punti indicati da Nussbaum. Ma perché non dovremmo poter aggiungere un punto alla lista o, in piena coscienza, sostituirne uno con un altro? La posizione di Nussbaum è normativa: parla di ciò che ogni cittadino ha diritto ad avere. Impone di fidarsi passivamente della sua autorità, morale e allo stesso tempo scientifica. Offrendoci una lista, Nussbaum apre il campo a una pericolosa via di fuga: affidati all’esperto; rispetta le indicazioni.

Sen, al contrario, ci toglie l’alibi di sostituire all’impegno personale il rispetto di una norma. Non parla di diritti ma di libertà. Pone ciascuno di fronte alla responsabilità dell’arbitrio. Per Sen non sta agli esperti definire cosa deve essere importante per ogni cittadino; l’esperto non può sapere cosa sarà importante per i nostri figli e per le generazioni future. Non sta a noi definire per loro degli standard di vita. A noi, oggi, compete la responsabilità di lasciare agli altri lo spazio per scegliere in libertà quale vita vivere.