Parteciperò al Seminario autofinanziato Eumans per la Democrazia Digitale. Usare le tecnologie per rafforzare la democrazia. Milano, venerdì 21 giugno 2019, ore 18-21. Ostello Bello, via Medici 4. Costo: prima consumazione 8€ (per spese affitto sala). Si trova il programma e ci si si iscrive qui, sul sito alcuoredellapolitica.net.
Il seminario inizierà con interventi di Marco Cappato, Stefano Quintarelli e Francesco Varanini, coordinati da Virginia Fiume.
La democrazia digitale è la possibilità dei cittadini di conoscere, deliberare, partecipare alla decisione pubblica attraverso piattaforme online, quindi è una gran bella cosa.
Tuttavia se non è regolata dalla legge, la legge cui i cittadini vengono sottoposti non è più quella del popolo ma quella oscura e privata della tecnologia.
Come fare allora a estendere l’esercizio dei diritti digitali anche alla partecipazione democratica?
Il seminario si svolge come conversazione collettiva a cui tutti i partecipanti sono invitati a contribuire.
Parlerò a partire da tre parole. Cittadinanza, partecipazione, digitale.
Partecipazione: il latino particeps è composto da pars e dal tema del verbo capere, ‘prendere’: partecipe è chi ‘prende parte’. Interessante però soffermarci qui su pars, da cui in italiano parte. Pars è nome d’azione del verbo parere, ‘produrre’, il cui senso sta nel modo di ‘produrre’ umanamente più ricco: il partus, parto. Siamo portati a considerare la parte come qualcosa di dato, come se all’origine stesse una separazione: se, indicatore di separazione, parere. Ma in l’etimologia ci suggerisce una lettura più profonda. Ogni essere umano è parte, nel senso che è stato partorito. La separazione è solo la separazione del parto. La separazione sociale sta piuttosto nel verbo dividere, dove il senso originario sta nel vid: ‘mancante di’. La figura sociale esemplare che ci parla del senso della ‘divisione’, ovvero della forzata separazione dal corpo sociale è la vedova, colei che è ‘mancante di’, ‘costretta alla separazione’. E’ così che la saggezza umana, in qualsiasi cultura, consiglia di preoccuparsi nella reintegrazione nel tessuto sociale delle vedove e degli orfani. Possiamo chiederci come la tecnologia possa sostenerci nel reintegrare nel tessuto sociale chi è costretto alla separazione. La parola device ci parla di questo: dalla consapevolezza della divisione emerge il tentativo di superarla, espressa dal verbo francese diviser, ‘divisare’. Di qui l’inglese device.
Cittadinanza: il latino cives, ‘cittadino’, discende da una radice indoeuropea che sta per ‘insediarsi’. L’insediamento è un processo, o meglio è frutto di un passaggio. L’origine sia del migrare che del mutare è ben raccontata dal verbo latino meare: ‘passare per una data via’. Il ‘passaggio al digitale’ è una migrazione verso una nuova cittadinanza. Importante notare che il cives prende in latino un significato giuridico. Ma il senso originale dell’espressione è più vasto e più profondo. Ne è testimonianza in fatto che dalla stessa radice discendono in sanscrito espressioni che stanno per ‘caro’. Dunque la cittadinanza è una relazione tanto giuridica quanto affettiva.
Del senso della parola digitale, ho parlato e scritto in varie occasioni, per esempio qui. In fondo la parola digitale è deludente. Digitale non vuol dire altro che ‘numerico’. La parola quindi ci ammonisce, chiamandoci a non ridurre la cognizione di noi stessi a ciò che è visibile tramite ‘dati’ espressi in numeri. L’umana capacità di conoscere non si riduce al ‘pensiero calcolante’.
Nell’intento di guardare alla ‘cittadinanza digitale’, conviene chiamare in causa anche un’altra parola. Siamo chiamati a vivere su piattaforme, o meglio a vivere in infrastrutture. Meglio usare la parola infrastruttura, più ricca di senso ed istruttiva. Infrastruttura: in origine sta la radice indeuropea ster, che ha il senso di ‘stendere’. Da questa radice in greco antico stratos, ‘esercito schierato’, e strategôs, ‘capo dell’esercito’. Questa è quindi anche l’origine di strategia.
Dalla radice ster discende il verbo struere significa in latino ‘disporre uno strato sopra l’altro’. Da struo il concetto astratto: structura. Anteponendo il cum, che porta in senso di vicinanza e compiutezza, si ha il verbo construo, da cui costruisco, e quindi costruzione, construction. Ed anteponendo il dis, che sta per separazione, dispersione, si ha il latino destruo, distruggo, e quindi distruzione, destruction. Dal verbo struere, ancora, il latino stratum, da cui anche strada. E’ proprio lo strato, dunque, a dirci dell’originario senso della struttura: un continuo tentativo di assestamento, che avviene attraverso il sovrapporre in modo differente gli strati uno sopra l’altro, cambiando ad ognuno la posizione, o aggiungendo o togliendo strati. L’infra rafforza ulteriormente il senso: infra è in origine ‘sotto’, ma poi sta anche per ‘dentro’, ‘fra’, ‘all’interno’.
Il rischio che corriamo nel vivere in infrastrutture è ben rappresentato dalla differenza tra l’essere cittadini ed essere utenti. Se ci limitiamo a vivere in infrastrutture già costruite saremo ridotti a utenti. Saremo cittadini solo se parteciperemo alla costruzione dell’infrastruttura.