Mit Sloan Management Review Italia. Quarto numero: Startup o impresa destinata a durare? Il mio Editoriale


Ho scelto come tema di questo numero il confronto tra startup e impresa destinata a durare nel tempo.

Come in ogni numero, ad articoli tratti dalla rivista americana si aggiungono articoli di pari peso, prodotti per l’edizione italiana. Grazie quindi a  Tomas Barazza, Emanuele Fontana, Andrea Giacomelli, Marco  Vitale, Ines Giangicomo.

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Qui di seguito il mio Editoriale che apre il numero.

 

Editoriale

di Francesco Varanini

Guardando al senso dell’impresa, ed al ruolo dell’imprenditore, è giusto ripartire sempre dalla schöpferische Zerstörung, gale of creative destruction, perenne bufera di distruzione creativa, così ben descritta da Joseph Schumpeter (Capitalism, Socialism and Democracy, 1942).

“Il processo di mutazione industriale che rivoluziona continuamente la struttura economica dall’interno, distruggendo incessantemente quella vecchia, creandone incessantemente una nuova”.

“È ciò in cui consiste il capitalismo e ciò di cui ogni impresa capitalistica deve vivere”. “La forza dirompente che sostiene la crescita economica” è “l’ingresso innovativo” di imprenditori che fondano nuove imprese. “L’impulso fondamentale che mette in moto e mantiene in moto il motore capitalista viene dai nuovi beni di consumo, dai nuovi metodi di produzione o trasporto, dai nuovi mercati, dalle nuove forme di organizzazione industriale che l’impresa crea”.

Possiamo chiederci se quella forma d’impresa che chiamiamo Startup appare coerente con la grande scena delineata da Schumpeter.

Schumpeter ci invita ad osservare la distruzione creativa sotto due punti di vista.

“In primo luogo, poiché abbiamo a che fare con un processo i cui elementi richiedono un tempo considerevole per rivelare le sue vere caratteristiche e i loro effetti finali, non ha senso valutare la performance del processo in un determinato momento; dobbiamo giudicare la sua performance nel tempo, nel suo svolgersi attraverso decenni o secoli”.

“In secondo luogo, l’analisi di ciò che accade in una singola azienda o industria è insufficiente. “La strategia aziendale acquisisce il suo vero significato solo sullo sfondo del processo complessivo e all’interno della situazione da esso creata”.

Le Startup sembrano contraddire entrambi i principi.

In primo luogo, le performance delle Startup sembrano essere misurate in funzione del breve periodo: dell’investitore ad attendere risultati non si allarga certo a decenni o secoli; al contrario: l’investitore cerca un ritorno in un periodo di due tre anni.

In secondo luogo, le strategie delle Startup sembrano disinteressate al senso complessivo di una dinamica tecnologica o di mercato. Guardano invece ad un singolo aspetto di un trend, e cercano di trarre da questo un immediato valore.

Insomma, possiamo chiederci se le Startup siano da considerare una manifestazione di imprenditorialità, o solo come un tentativo di usare competenze tecniche per operazioni finanziarie di breve periodo.

La risposta a questa domanda, come nota opportunamente Marco Vitale, è già stata data cinquecento anni fa dal colto uomo d’affari Benedetto Cotrugli, nella sua Arte della mercatura. Nel definire il ruolo sociale e morale dell’imprenditore Schumpeter, in effetti, ripete ciò che già diceva Cotrugli. Guardando oltre l’immediata avidità, conviene tornare a concepire l’imprenditore come uomo d’azione ma anche di studi, e l’impresa come “beneficio per l’umana generazione”.