Dieci impegni per uno sviluppo digitale sostenibile


Se scegliamo di non affidarci ciecamente alla macchina, se rifiutiamo questa via di fuga, se scegliamo di rimboccarci le maniche e di affrontare i problemi che mettono in dubbio il nostro futuro, allora il nostro impegno si concretizza innanzitutto nell’evitare che le macchine digitali limitino il nostro sguardo e la nostra capacità di azione.

Il primo passo verso lo sviluppo sostenibile è quindi uno sviluppo digitale sostenibile.

Uno. Il primo impegno che appare necessario assumerci è questo: applicare all’industria elettronica e digitale gli stessi criteri applicati alle altre industrie. 

Non danneggiare l’ambiente attraverso l’eccessivo consumo di energia e attraverso l’uso di materie prime non rinnovabili. Non compromettere il futuro con politiche miopi e legate al breve periodo. Sono obiettivi universalmente accettati. Le politiche sono efficaci solo se la loro applicazione è universale. Esentare un settore da politiche orientate alla sostenibilità, o lasciare la scelta e l’attuazione delle politiche stesse all’autoregolazione di chi guida l’industria stessa, significa compromettere il complessivo orientamento alla sostenibilità.

Dobbiamo ripristinare la parità di condizioni tra settori industriali.

Due. Impegnamici a far sì che la connessione per via digitale non sia una condizione inevitabile in ogni relazione tra esseri umani. 

Viviamo, si dice, nell’onlife, in un’infosfera, eternamente connessi. Sembra quasi esserci il gusto di trovare nuove parole per nascondere la gravità della situazione. Per molti osservatori si tratta di una condizione ormai irreversibile. Ma le politiche orientate alla sostenibilità cercano proprio questo: l’inversione di trend pericolosi. 

Parlare, stare insieme, convivere senza che per farlo sia necessario usare per questo strumenti digitali, senza che ogni nostra parola ed ogni nostro gesto sia osservato e registrato: si tratta di diritti che dobbiamo considerare inalienabili. 

Dobbiamo garantire a noi stessi ed ai nostri posteri il diritto alla disconnessione.

Tre. Impegniamoci ad evitare che siano imposti a noi umani mondi già costruiti.

Apparteniamo alla natura, ma contribuiamo a costruirla con il nostro agire quotidiano. Il mondo fisico è co-costruito dagli esseri umani che vi vivono.

I mondi digitali sono invece offerti, o imposti, come già totalmente costruiti. Edificati da tecnici che vivono fuori dal mondo e predispongono mondi per gli altri. Nei mondi digitali il cittadino è ridotto ad utente. Mondi alla cui progettazione non abbiamo minimamente partecipato ci vengono imposti come luoghi da abitare. 

Ogni essere umano ha la possibilità di modificare -e quindi: curare, proteggere- l’ambiente nel quale si trova a vivere, e del quale fa parte. 

Dobbiamo immaginare uno sviluppo digitale dove la stessa azione responsabile di ogni cittadino sia possibile. 

Quattro. Impegniamoci a lasciare aperta la possibilità di scegliere quali servizi digitali usare e quali non usare. 

Gli spazi di libertà sono via via sempre più ridotti alla scelta tra servizi preconfezionati. Il punto più grave è che i servizi non sono solo offerti: sono sottilmente imposti, per via di consigli capziosi, di notifiche sottilmente invitanti, ed anche per via di contratti opachi e di norme di legge che guardano più all’interesse del fornitore che all’interesse del cittadino.

Si tratta di strategie di marketing che hanno una lunga storia. Nascono bel prima dell’avvento degli strumenti digitali, ma sono esponenzialmente potenziate dagli strumenti digitali.

Dobbiamo lasciare la libertà di formulare di volta in volta scelte consapevoli.

Cinque. Impegniamoci a garantire che tramite macchine non siano compressi gli spazi di libertà e non sia imposto agli umani l’obbligo di compiere azioni predeterminate. 

La libertà è spazio per sperimentare, tentare, creare, apprendere. 

Il contesto digitale offre alla classe politica strumenti di governo che riducono la portata dei diritti civili. Tramite mezzi digitali, magari con la giustificazione di una superiore conoscenza di ciò è ‘bene’ per ogni singolo cittadino, si impongono gravi limitazioni al libero arbitrio.

L’impegno precedente riguarda i comportamenti d’acquisto. Con questo impegno lo sguardo si allarga alla vasta scena della democrazia liberale e dei meccanismi del controllo sociale.

Se alla fiducia nelle scelte individuali si sostituisce il paternalismo, viene meno la partecipazione civica necessaria ad ogni progetto orientato ad obiettivi di sostenibilità.

Dobbiamo cercare uno sviluppo digitale rivolto alla difesa e all’ampliamento degli spazi di libertà di ogni cittadino. 

Sei. Impegniamoci a non guardare e a non giudicare l’essere umano attraverso il suo ‘gemello digitale’. 

La  natura vista allo specchio non è la natura. La mappa non è il territorio. I dati non sono mai tutti i dati, e non sono mai abbastanza buoni. Eppure si è affermata l’idea che ogni stato del mondo, ogni aspetto della natura, ed anche ogni essere umano possa essere conosciuto e compreso attraverso la sua immagine digitale. 

Tramite gli strumenti che ognuno ha costante in mano, tramite sensori e sistemi di rilevazione di vario tipo si raccolgono dati su ogni essere umano e poi gli si dice: tu sei chi appare attraverso questi dati; tu sei il tuo gemello digitale. Si arriva anche a dire: adeguati a ciò che dice di te il tuo gemello digitale. 

Eppure l’essere umano è sempre qualcosa di più, di differente, da ciò che i dati più completi e precisi raccolti su di lui possano attestare. La persona non ha nessun controllo sul modo in cui è costruito il gemello digitale. L’antichissimo monito rivolto all’essere umano: ‘conosci te stesso’, e così messo in discussione. 

Dobbiamo immaginare strumenti che mettano nelle mani della persona la costruzione della propria immagine digitale.

Sette. Impegniamoci a non separare la mente dal corpo e a rispettare l’integrità de corpo umano.

L’intero progetto digitale è frutto di un approccio cartesiano che considera una sola parte del complessivo essere umano. Ciò che conta dal punto di vista digitale sono esclusivamente le capacità intellettive. Il corpo è considerato una mera estensione. La computer science considera -tentando di imitarne il funzionamento- una sola parte del corpo umano: il cervello. Poi però, in virtù del parallelismo tra umani e macchine proposto da Turing- si finisce per confrontare le Intelligenze Artificiali con l’essere umano intero. 

Ci troviamo quindi a dover contrastare la rimozione del corpo. Del quale si propongono banali sostituzioni con avatar e magari immagini tridimensionali. 

L’essere umano non si riduce alla sua mente. La mente è incarnata, inconcepibile senza corpo. Le capacità intellettive sono frutto di lavoro ed esperienza che coinvolgono il corpo nella sua interezza.

Contemporaneamente, viene proposta una contaminazione tra il corpo umano e apparecchi digitali. Protesi e apparecchi che sostituiscono organi umani malati sono benvenute. 

Ma dobbiamo individuare la soglia della sostenibilità. Abbiamo il diritto di non veder reso inutile il nostro corpo da protesi e strumenti digitali.

Otto. Impegniamoci a mantenere vivo il diritto al lavoro. 

Il primo aspetto di questo impegno consiste nel non accettare definizioni riduttiva del lavoro.

Il lavoro non è solo fatica e pena dalle quali conviene liberarsi. Non esiste confine tra ‘lavoro manuale’ e ‘lavoro intellettuale’. Il lavoro non è solo fonte di remunerazione; ha piena dignità di lavoro anche una attività svolta gratuitamente. Il lavoro è costruzione di sé stessi e del mondo. 

Di fronte alla promessa, o alla minaccia, di una sostituzione per via digitale di ogni tipo di lavoro svolto dagli esseri umani, è necessario non parlare genericamente di ‘lavoro’. Serve tornare a parlare esplicitamente di ‘lavoro umano’. Guardando al ‘lavoro umano’ nella sua pienezza, gli aspetti materiali e immateriali sono inscindibili. Così come è inscindibile il pensare dall’agire.  

Dobbiamo evitare intelligenze artificiali, automazione e robotica tolgano senso e spazio al ‘lavoro umano’.

Nove. Impegniamoci a garantire che la presenza di macchine di qualsiasi tipo non costringa gli umani a svalutare sé stessi, all’impoverimento e alla dipendenza. 

Costrutti digitali autonomi acquistano sempre nuovo spazio come sostituti dell’essere umano non solo nel lavoro materiale, ma anche nelle più sofisticate attività dove sono in gioco esperienza, capacità di giudizio, rapidità di decisione.

La scelta di chi -un umano o una macchina- debba essere, in situazione critica o in caso di emergenza, il decisore in ultima istanza, non è solo una scelta tecnica: è una scelta culturale ed etica.

Le macchine disporranno, secondo alcuni, non solo di una crescente razionalità, ma anche della capacità di formulare giudizi morali. Ma la nostra preoccupazione non viene meno anche se consideriamo più limitate le possibilità di sviluppo della macchina. Dentro un algoritmo, dietro l’agire di una intelligenza artificiale, si celano interessi di élite finanziarie, tecnologiche e politiche che ben poco hanno a che fare con l’interesse per lo sviluppo sostenibile.

Privato della possibilità di sperimentare sé stesso nella situazione estrema, su terreni sconosciuti, di fronte al nuovo e all’ignoto, l’essere umano impigrisce, perde fiducia in sé stesso, compromette la propria crescita. Forse non è esagerato dire che la sostituzione dell’essere umano con macchine mette in discussione lo stesso futuro evolutivo della specie umana. 

Nel breve termine, l’essere umano impigrito rischia di perdere anche la capacità di fare le necessarie scelte orientate ad uno sviluppo sostenibile. Saremo così di fronte ad una profezia che si autoavvera: le politiche e le azioni orientate ad uno sviluppo sostenibile saranno affidate a macchine. 

Dobbiamo garantire a noi stessi e alle generazioni umane future la possibilità di conoscere, di apprendere, di migliorare sé stessi.

Dieci. Impegniamoci a garantire a noi stessi e ai nostri posteri la possibilità di vivere senza strumenti digitali. La libertà di non essere digitali.

Quest’ultimo impegno sintetizza i precedenti ed offre lo spunto per una riflessione conclusiva. 

Vivere senza dover necessariamente ricorrere, in un modo o in un altro, a strumenti digitali appare già oggi impossibile. Difficile immaginare che questo sia possibile domani. 

Ma impossibile, realisticamente inimmaginabile, ci appare oggi il raggiungimento dei diciassette Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile proposti dall’ONU ai cittadini del pianeta. Non per questo si rinuncia agli obiettivi o si riducono gli sforzi.

Abbiamo motivi per temere un futuro fosco. La minaccia non è solo un qualcosa che viene da lontano, la minaccia viene anche dai nostri personali comportamenti insensati, privi di saggezza. Da questo nasce una responsabilità di cui ogni essere umano è chiamato a farsi carico. Turing ha offerto una via di fuga: attribuiamo il peso della responsabilità a macchine sempre più autonome da noi. 

Sta a noi scegliere. Se scegliamo la via dell’assunzione di responsabilità, il preoccuparci di dove sta andando l’industria digitale, e l’interrogarci su come le nostre vite sono condizionate da strumenti digitali, sono passi immediatamente necessari.