Projects and Complexity: un libro in inglese, un punto di vista umanistico e italiano sul ‘management’ e sul ‘progetto’


E’ normale vedere tradotti in italiano testi di management anglosassoni, in prevalenza statunitensi. Si tratta, per lo più, di espressione di un sapere canonizzato, legato a specialismi, a segmentazioni accademiche, e in fondo al sostegno di equilibri di un mercato globalizzato e succube della finanza speculativa.
In questo mercato, noi italiani siamo ridotti ad essere abitanti di una marginale periferia. Purtroppo, finiamo per accettare questa collocazione: i testi di management italiani poco aggiungono, e in poco divergono da uno standard universale che ci penalizza.
C’è spazio invece per riflessioni fondate sulla cultura umanistica, sulla nostra storia, su una tradizione di pensiero italiana, europea e mediterranea.
Ne è prova la scelta di CRC Press – Auerbach Publications (Taylor & Francis Group) di tradurre -nel maggio 2012- questo libro, già edito in Italia da Guerini con il titolo Il Project Management emergente.

Il libro, che curato assieme a Walter Ginevri, contiene contributi di Gianluca Bocchi, Alberto De Toni, Fernando Giancotti, e dei Project Manager che hanno partecipato al lavoro di gruppo di cui faccio cenno qui e qui.
Il senso attorno al quale si esercitano i diversi co-autori sta nelle mie sessanta pagine iniziali: quando il progetto si fa difficile, quando i tempi si fanno difficili, i tradizionali strumenti di management mostrano la corda. Servono strumenti più sottili – che trovano radici e fonte nella cultura umanistica.

Questo approccio è affermato nel capitolo di cui sono autore, che apre il libro: Complexity in Projects: a Humanistic View. Parlo di come Dante ragioni in modo originale ed attualissimo del perché sia fallito il progetto della Torre di Babele, dove sostengo che il progetto della Torre di Pisa sia il migliore dei progetti possibili, e dove si prende esempio dal viaggio attorno al mondo di Robert FitzRoy, e dall’arte della navigazione secondo Joseph Conrad. Kant e Heidegger hanno certo da insegnarci più di qualsiasi guru del management.
In sintesi: Il progetto cresce come sistema vivente. Non consiste nella descrizione a priori che può esserne data. Solo osservando come si evolve nel tempo il progetto possiamo interrogarci sul perché raggiunge il buon fine o fallisce.

Qui il libro sul sito dell’editore.
Qui il libro presso Amazon.
Qui tracce del libro, in particolare del mio capitolo, su Google Book.