Scienza, management, diritti, doveri e libertà nell’era digitale. Intervista sul blog ‘Futura Network’, 20 dicembre 2021


E’ uscita lunedì 20 dicembre 2021, con il titolo Scienza, diritti, management: l’arbitrio al centro dell’era digitale una mia intervista sul blog Futura Network, a cura di Niccolò Gori Sassoli.

Futura Network è iniziativa promossa dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.

Potete leggerla qui.

Qualche frase:

Non possiamo pretendere che tutti i cittadini siano dei tecnici e si interessino di questi argomenti. Ma dobbiamo ricordarci che i tecnici sono, prima di tutto, cittadini. Le persone a cui deleghiamo le decisioni – per esempio i medici, gli scienziati, i politici – sono cittadini come noi.
Bisogna considerare la scienza e la tecnica non come verità ma come strumenti che ci offrono una serie di possibilità, di soluzioni, quasi mai di certezze definitive. Ce lo sta dimostrando la pandemia, le evoluzioni delle cure, dei vaccini, dei protocolli sanitari.

Dobbiamo costruire nuovi filoni di pensiero, rinunciare alla pretesa di sentirci al vertice dell’evoluzione. La via è stretta ma ci sono punti di passaggio: uno di questi sta nella nostra libertà di azione, in quello che possiamo fare come cittadini. Dobbiamo fare leva sulla caratteristica principale della nostra specie che è la saggezza, non la ragione. Le macchine possono ragionare più velocemente di noi ma non credo possano diventare sagge, avere intuizioni. Per coltivare questa umana saggezza servono nuovi percorsi educativi, capaci di generare una comprensione del mondo più ampia. Occorre superare la tendenza alla specializzazione verticale in discipline scientifiche sempre più prive di una visione d’insieme, evitare di affidarsi ciecamente alle strumentazioni tecniche e alle intelligenze artificiali.
Saremo saggi quando saremo consapevoli dei rischi impliciti in un progresso senza limiti, quando penseremo ai rischi che stiamo correndo. Si tratta anche di recuperare gli insegnamenti che, nel corso della storia, l’umanità ha dato a sé stessa. Quando i greci parlavano di hybris si riferivano all’arroganza dell’uomo rispetto all’ambiente, alla natura. In questo senso la pandemia è stato uno spartiacque che, svelando le nostre contraddizioni e i nostri limiti, potrebbe preparaci a gestire meglio le emergenze che verranno.

Essere manager: usare gli spazi di autonomia per esercitare un giudizio critico. Muoversi nella consapevolezza di essere prima di tutto dei cittadini. Agire con l’orgoglio di poter incidere sul bene comune, superando l’interesse individuale o di parte.
La cultura del management storicamente si gioca sull’ambiguità tra la posizione di coloro che si considerano meri esecutori di una proprietà, di disegni altrui, e quella di coloro che consapevolmente interpretano un ruolo dotato di potere, assumendosi responsabilità, prendendosi spazi, rischi, seguendo la propria coscienza e le proprie capacità.
Le associazioni di rappresentanza della categoria possono trarre giovamento da queste riflessioni perché aiutano ad evidenziare come accanto alle competenze c’è la dimensione etica e politica dell’agire manageriale. Sono cose che non dovremmo vergognarci di dire, come invece accade, soprattutto ora che tante decisioni vengono determinate dagli algoritmi.
È un passaggio culturale da compiere, se non vogliamo continuare a lasciarci guidare solamente dal profitto, e vogliamo invece tornare a preoccuparci della biosfera, ciò da cui dipende non solo il benessere ma la stessa sopravvivenza umana. Da qui scaturisce la necessità di costruire una nuova etica dello sviluppo, un tema sul quale ci stiamo finalmente interrogando in una logica sistemica.