Un articolo di critica d’arte e di riflessione politica. Riguardante quella che considero la più significativa opera d’arte visuale del Ventesimo Secolo, e forse anche, per essere ancora più appassionatamente esagerati, del Ventunesimo. Più significativa nel punto di incrocio tra letture meramente artistiche, politiche e culturali: James Ensor, L’Entrée du Christ à Bruxelles, 1888.
Potete leggere l’articolo su Tutte quelle cose. Qui di seguito, qualche brano.
L’Entrée du Christ à Bruxelles: allegoria teatrale, bizzarra e deforme. Nel rosso steso à plat sulla grande tela – il colore delle bandiere e degli striscioni –, nelle scritte deliranti che inneggiano al Messia, in quei volti come maschere di disperazione, leggo la morte dei sogni, il timore del domani che incombe nel futuro di ogni rivoluzione. Il potere, come si è espresso nel XX secolo, e come possiamo conoscerlo oggi, sta tutto qui.
Lo sguardo sardonico e delirante di Ensor è lontanissimo anche dall’atteggiamento agiografico e nutrito di certezze ideologiche dei muralisti messicani – Rivera, Siqueiros, Orozco. Ma a ben guardare proprio dal grande quadro di Ensor viene buona parte dell’opera di Diego Rivera. Secondo Octavio Paz proprio Ensor pone le basi del muralismo, e allo stesso tempo ne fornisce la critica più radicale.
Ma ancor più, direi, l’Entrée è l’opposto di Guernica. L’opera di Picasso è grondante di retorica, l’Entrée è disperata e ironica. Guernica è l’emblema del politicamente corretto, l’Entrée sfiora il blasfemo. Guernica è la tipica opera su commissione, l’Entrée è l’esemplare opera che l’artista crea a partire dalla propria solitaria ispirazione. Guernica, in virtù di un abile marketing è opera già famosa durante la sua lavorazione; è creata per essere esposta all’Esposizione Universale di Parigi del 1937.
Ensor dipinge nel 1888, ma il titolo intero dell’opera di Ensor è L’Entrée du Christ à Bruxelles en 1889 – e si può presumere che l’artista si riferisca all’Esposizione Universale di Parigi di quell’anno. Gran celebrazione della moderna civiltà industriale, rappresentata dalla maestosa Galerie de Machines e dalla Tour Eiffel. Centenario della Rivoluzione Francese, ma anche dei successi della Terza Repubblica, che aveva seppellito le speranze libertarie della Comune, il cui eco è comunque vivo diciassette anni dopo la feroce repressione.
Un potere avverso è imposto alla moltitudine di cittadini il cui volto è ignorato. Il XVIII secolo si era aperto con progetti di Rivoluzione. La Comune di Parigi è l’ultimo fallimento. Ensor – in una immagine di grande potenza riassuntiva – annuncia i fallimenti dei movimenti democratici e socialisti che attraverseranno il XX secolo.
La politica, ci mostra Ensor, è truffa, inganno. Il cittadino non può credere certo nella sincerità e nell’onestà dei governanti.
E tuttavia, usciti dall’inquadratura lo pseudo vescovo e le chiassose lobby, l’attenzione può spostarsi sulle sagome indistinte di migranti, quasi un esodo verso una possibile città dell’uomo, al quale il Cristo stesso appartiene. Utopia, immaginazione di un futuro possibile, desiderio come potenza costruttiva.
Grazie a Giovanna Gammarota.