‘Apprendere ad essere manager. Con la guida di Heidegger’, articolo apparso su ‘Sviluppo & Organizzazione’, 283, agosto-settembre 2018, e quindi nella raccolta ’50 anni di sviluppo organizzativo’


Un mio articolo dal titolo Apprendere ad essere manager. Con la guida di Heidegger, appare su Sviluppo & Organizzazione, numero 283, agosto-settembre 2018. Per acquistare copia della rivista, rivolgersi qui. Per acquistare la raccolta 50 anni di Sviluppo Organizzativo rivolgersi qui.

Trascrivo di seguito il Sommario:

Qualsiasi teoria o metodo relativo al management discende da un pensiero filosofico. Questo è un truismo, è una ovvietà. Eppure spesso non sappiamo di che fonte si tratti. Non di rado lo stesso autore di libri o articoli di management ignora le origini del pensiero che sta maneggiando. E se la fonte è riportata, si cita un libro che a sua volta cita un libro che a sua volta si rifà a una fonte, magari non chiaramente esplicitata. Troppo spesso finiamo per cercare lumi in una qualche formula standard, il più delle volte nascosta dietro qualche
parola inglese.
L’orientamento al fare, all’eseguire, all’operatività, sembra negare oggi ai manager il tempo per pensare e sembra anche anzi minimizzare l’utilità del pensare. Eppure, in tempi in cui si sostiene, con motivo, che c’è bisogno di visione, innovazione e imprenditorialità, appare evidente la necessità, per il manager, di ‘pensare da sé’. La filosofia è la più elevata manifestazione del pensiero che l’uomo occidentale ha saputo concepire. Il pensiero è necessario all’azione, non esiste azione senza pensiero. Leggere testi filosofici – e narrativa, poesia, in genere testi non specialistici e strettamente, già in partenza, legati alla professione – serve a questo: insegna a pensare da sé.
Presento quindi qui un esercizio di lettura svolto attorno ai testi di Heidegger, soprattutto dell’Essere e il tempo. Ne emerge la figura di un manager responsabile, che non si limita a costruire un mondo per gli altri, ma invece vive nel mondo. Un manager che accetta lo spaesamento, il timore e la solitudine, il non saper come comportarsi. Un manager capace di trasformare l’ansia in responsabilità; disposto al progetto; risoluto e aperto.

Sono contrario agli schemi che, sostituendo il testo scritto, pretendono di riassumere argomentazioni complesse. Invito quindi a leggere l’articolo. Tuttavia in questo caso accompagno la parte finale dell’articolo con una immagine di sintesi. Propongo qui una immagine in due versioni. Quella che ho inizialmente disegnato, e la versione più schematica pubblicata nell’articolo.

Heidegger on management Figura 1 14 agosto 18

 

Trascrivo anche parte della Conclusione:

Al manager non è affidato un compito stretto e preciso, bensì è invitato a occupare uno spazio di autonomia, di libertà. Siamo responsabili di fronte a noi stessi, poiché la responsabilità ha radici nella storia personale, nei valori di ciascuno. Siamo responsabili di fronte all’azienda, che ci ha affidato risorse e che si aspetta il nostro contributo alla creazione del valore. Siamo responsabili di fronte alle persone: i nostri collaboratori, i clienti, i fornitori… La responsabilità non è quindi qualcosa di astratto: consiste nella presenza, nell’attenzione vigile alla situazione, all’ambiente nel quale ci muoviamo.
L’ansiosa preoccupazione e la responsabile presenza si traducono nel piacere e nella libertà del pro-gettareIl senso della preposizione pro sta in una immagine: la prua della nave. ‘Gettare oltre’, ‘gettarsi oltre’: andare oltre i confini di ciò che è scontato, ovvio; oltre la mera esecuzione del compito. Progettare è ‘aggiungere qualcosa’. Così il progettare è sempre connesso con il progettarsiNell’agire miglioriamo noi stessi, conosciamo. Per cogliere il pieno senso del progetto, è importante tener presente che l’italiano ‘progetto’ riduce il senso che invece appare chiaro nell’inglese project, che significa sia
‘progettare’, sia ‘proiettare’.
Il manager che trasforma l’ansia in agire responsabile, e che quindi progetta e si proietta, sa essere risoluto. Sa prendere decisioni. Affronta le situazioni. Non rinvia. Decide. Occupa consapevolmente il proprio spazio di autonomia.
La risolutezza, che costituisce un esercizio solitario, è compensata e sostenuta dall’apertura. Apertura è guardare sempre oltre i confini, immaginandoli come frontiera che può essere esplorata. Apertura è guardarsi  intorno, apprendere dall’ambiente, ascoltare collaboratori, clienti, fornitori. Apertura è spiegare i nostri comportamenti.
L’agire del manager è un movimento che tende a un risultato. Ma non si limita a tendere verso risultati già definiti. Il manager ne considera sempre altri possibili. Un risultato dell’agire è, in ogni caso, l’esperienza accumulata. La storia personale e la consapevolezza di sé costituiscono una fonte di energia che permette di agire anche in assenza di uno scopo chiaro e visibile.

Qui l’articolo in formato pdf.