‘Ripensare la formazione’. Articolo apparso su ‘Sviluppo & Organizzazione’, gennaio-febbraio 2015


Francesco Varanini, “Ripensare la formazione”, Sviluppo & Organizzazione, 262 (gennaio-febbraio), 2015.

Qui di seguito il sommario dell’articolo.
Viviamo momenti difficili. Ci appare ovvio dire che senza formazione non potremo uscire dalle pastoie presenti; non potremo costruire il futuro. Ma viene anche da chiedersi che senso abbia investire oggi in formazione, in un’epoca in cui sempre più frequentemente le persone al lavoro sono viste non come un investimento, ma all’opposto come un costo da minimizzare. C’è
da capire, anche, come può e deve essere la formazione in un quadro socio-economico dove la produzione passa troppo spesso in secondo piano di fronte alla speculazione finanziaria. Non basta celebrare una volta di più la centralità della persona. Non basta agganciarsi alla lezione di Zygmunt Baumann o di Edgar Morin, o all’autorità di Papa Francesco.
Dovremmo smettere di intendere la formazione come seguito di un carismatico eroe e come simbolico ritorno a un mitico passato. Non serve immaginarci figli di Adriano Olivetti: ciò che è stato non tornerà. Dovremmo semmai guardare agli errori di Adriano. Dovremmo guardare a ciò che gli olivettiani non hanno saputo fare, mentre nel mondo cresceva la nuova industria dell’hardware, del software, della conoscenza digitalizzata.
Viviamo attanagliati da dubbi. Ma la formazione rassicurante è inutile, anzi dannosa. Se questo è il tempo dell’incertezza, vero maestro è chi si mostra dubbioso e fomenta dubbi. I dubbi generano ricerca, impegno e responsabilità. Dovremmo smetterla di considerare la formazione come ambito già definito nei confini e nei modi: aula frontale, lavoro di gruppo, studio individuale non sono che alcune delle modalità possibili. Dovremmo smetterla di considerare la formazione aziendale e l’apprendimento degli adulti ambiti affrontabili, senza prendere in considerazione un panorama più vasto che comprende l’alfabetizzazione, la scuola di ogni ordine e grado, l’università e gli apprendimenti personali che releghiamo, svalutandoli, come attività del ‘tempo libero’.
La formazione consiste nel lavoro su di sé che ogni cittadino del mondo è chiamato a compiere, e nella costruzione sociale di conoscenza. La formazione consiste nell’andare oltre l’ignoranza. Il timore del nuovo si supera sperimentando e studiando. O, almeno, ascoltando qualche narrazione.

L’articolo riprende e sintetizza temi già trattati in vari capitoli di Gianluca Bocchi e Francesco Varanini, Le vie della formazione. Creatività, innovazione, complessità, Guerini e Associati, 2013.
Al di là del titolo e dello stesso sommario, l’articolo guarda a come cambia ciò che definiamo complessivamente, o forse impropriamente, formazione, nell’epoca storica che ci siamo abituati a chiamare digitale.
Due profeti dell’era digitale -Vannevar Bush e Ted Nelson- sono presi a testimoni per esplicitare ciò che è cambiato, e quali nuove opportunità si manifestano, nel modo di formare, nel modo di formarsi, nel modo di apprendere. Si arriva così a descrivere un futuro che è già cominciato, che si può riassumere nella formula: ‘La Formazione è il Web, il Web è la Formazione’.
Per scelta, nell’articolo si ignorano le pretese analogie tra essere umano e macchina, ed i connessi tentativi di affermare modalità di apprendimento comuni a esseri umani e macchine.