Incontro ‘Né mercenario né missionario’ 24 gennaio 2023 a proposito del libro ‘Marchionne non è il migliore dei manager possibili’. La traccia del mio intervento


Propongo di seguito gli appunti che mi ero preparato per l’incontro Né mercenario né missionario a proposito del mio libro Marchionne non è il migliore dei manager possibili, Guerini Next, che si è svolto alla Casa della cultura di Milano il 24 gennaio 2023.

Qui per acquistare il libro.

Manager è una figura sociale importante
Ci sono politici che si vantano di essere manager, sindaci manager.
I manager appaiono come esercito di riserva, sostituti ideali di altri esponenti della classe dirigente incapaci o inefficienti.

Manager come auspicabile decisore
Il manager incarna la figura del decisore di ultima istanza.
La Governance, potremmo dire la Costituzione che regge ogni impresa, lascia l’ultima parola e la decisione risolutiva al manager.
Una sorta di sogno riparatore, di fronte alla figura del politico che traccheggia senza mai decidere; di fronte alla crisi dei sistemi politici democratici, dove non si decide o ogni decisione è un compromesso
Manager: una sorta di dittatore buono, auspicabile.
Anche dove si parla di democrazia industriale resta il ruolo del manager decisore. L’autorità che ci piace stia lì a togliere a tutti le castagne dal fuoco.

Manager figura legata all’impresa
Una impresa è sana se produce più di quanto consuma, se i ricavi sono superiori ai costi
Per questo giustamente si dice che l’impresa è chiamata a creare valore
Due modi di intendere l’impresa e quindi il ruolo del manager:
L’impresa è di un padrone che utilizza fattori di produzione, tra cui i lavoratori, per mezzo di un agente chiamato manager
Alla produzione del valore concorrono soggetti diversi, per cui in cambio del contributo alla produzione del valore ogni attore merita di essere remunerato; di questa redistribuzione si occupa una figura chiamata manager

C’è differenza tra due modi di agire del manager
– Agire per la creazione di valore
– Agire per l’estrazione di valore
Creare valore vuol dire lavorare perché i ricavi siano superiori ai costi.
Creare valore vuol dire lavorare perché l’azienda prosperi, e quindi tutti gli attori coinvolti siano giustamente remunerati, e congrue risorse vengano investite nell’impresa, in modo da garantirne la vita futura
Estrarre valore vuol dire -prendendo a sintetico esempio Marchionne- soddisfare le aspettative di rendita di una famiglia, e le aspettative di investitori finanziari. E’ ‘estrazione’, perché questi attori perseguono il proprio interesse a scapito dell’impresa. Di fronte al loro immediato interesse gli investimenti, la remunerazione di ogni altro attore, e lo stesso perseguimento dello scopo sociale dell’impresa passano in secondo piano.

Il culto dell’eroe è un sano alimento se stimola ognuno, portando alla luce la sua fiducia in sé stesso. Diventa invece un alibi comodo ed elusivo quando finisce per giustificare il nostro subordinarci e svalutarci. Se pensiamo cose del tipo: lui sì che è capace; e cercando così il dittatore che governi anche per noi, anche occupando lo spazio di autonomia che potremmo occupare noi stessi.
Il culto dell’eroe finisce così per significare rinuncia alla responsabilità personale, all’impegno ad essere manager a proprio modo.
In fondo si può dire: il manager, prima che a un padrone, ad uno shareholder o stakeholder, risponde alla propria coscienza.

Qui il video dell’incontro. Con me, Gianmario Tondato, Barbara Quacquarelli, Ferruccio Capelli, Franco Moscetti, Giorgio Pivetta.

Nei miei interventi mi pare di aver toccato quasi tutti i punti della traccia che ho riportato sopra. Non ho però detto le cose nell’ordine che avevo previsto, e probabilmente non ho toccato tutti i punti con la stessa cura. Perché la conversazione ha preso dall’inizio la piega del pro o contro Marchionne, cosa che mi interessa poco. E ho quindi dovuto occupare il mio spazio sopratutto per riportare lo scambio su strade più costruttive.
Marchionne, sostengo non è il migliore dei manager possibili. Questo non vuol dire che non abbia meriti. Marchionne, nel mio intendimento, è solo il caso esemplare utilissimo a stimolare una riflessione. Ciò che dobbiamo chiederci è: che manager sono io?