Lascio la direzione di ‘Persone & Conoscenze’, la rivista che ho fondato nel 2004


Dopo diciannove anni lascio la direzione di Persone & Conoscenze, rivista che ho fondato. Il primo numero è datato maggio 2004. L’ultimo che firmo come direttore è il numero 166, gennaio febbraio 2023.

La mia scelta è stata annunciata dal vivo nel corso del Convivio, tradizionale incontro milanese legato alla rivista, il 23 gennaio 2023.

Tutto quello che ho da dire, sulla storia della rivista, sul suo ruolo e le sue fortune, e sulla scelta di lasciare la direzione, lo scrivo in articolo che appare sul numero 166. Riporto di seguito l’articolo. Lo riporto così, senza titolo e senza intertitoli, così come l’ho spedito durante le vacanze di Natale a Chiara Lupi, che prende il mio posto come direttrice della rivista, e a Andrea Bobbiese, l’editore che guida le Edizioni Este. A loro e a Martina Galbiati, direttore marketing e a Dario Colombo caporedattore vanno i miei auguri di buon lavoro.

Aggiungo però, nei punti del testo che mi paiono più congrue, le immagini di tre copertine.

Qui l’articolo come appare sulla rivista, e come è stato diffuso dalla casa editrice su Linkedin.

Giusto vent’anni fa, nei primo giorni del 2003, passeggiavo in un luogo a me caro, all’Isola d’Elba. Pensavo. Quando il giro era quasi terminato e stavo scendendo giù verso l’istmo dove era parcheggiata la macchina, avevo maturato un progetto.

Erano gli anni in cui chiudevo con l’Istud, la business school che era stata per un po’ di anni il mio prevalente ambito di azione. Stavo stabilendo una nuova rete di relazioni. Il mio lavoro di formatore e consulente era a una svolta. Erano anche accadute cose, nella mia vita, che mi erano servite a divenire più consapevole di me stesso. Nel 1998 era uscito il mio Viaggio letterario in America Latina. La traduzione in spagnolo, due anni dopo, mi aveva reso noto come scrittore eterodosso. Nell’ottobre del 2002 ero stato ospite d’onore della Fiera del Libro di Santiago del Chile. Intervistato in una trasmissione televisiva, mi ero trovato a dire che mi sentivo scrittore libero di esprimermi, perché non mi guadagnavo da vivere tramite la scrittura. E allo stesso tempo speravo di essere un buon formatore, un buon consulente, perché mi permettevo di essere scrittore, poeta. Nel 1994 era uscito il mio primo libro di poesie aziendali, T’adoriam budget divino.

Altre cose mi portavano verso il progetto che mi venne in mente quel pomeriggio. Dal 1998 conducevo, prima con altri amici, poi da solo, Bloom.it. Un sito web che portava come sottotitolo Frammenti di organizzazione. Una sorta di rivista online su temi aziendali e organizzativi, ma anche il luogo dove manager e consulenti scrivevano degli argomenti più vari, anche allontanandosi dalla loro immagine professionale. [Qui la prima versione di Bloom! Qui la seconda].

Inoltre, portavo con me l’esperienza di manager, trascorsa negli anni ottanta e nella prima metà degli anni novanta in case editrici grandi e piccole. Presso Mondadori ero stato direttore del servizio Organizzazione, avevo condotto il progetto di digitalizzazione degli archivi, mi ero occupato di progettare nuove iniziative editoriali. Quindi avevo diretto la casa editrice del settimanale Cuore, e di seguito ero stato co-fondatore del settimanale Internazionale, e amministratore delegato della casa editrice. Portavo quindi con me una notevole esperienza in campo editoriale.

E poi, dall’inizio del 1992 collaboravo con la casa editrice Este, con una rubrica sulla rivista più prestigiosa, Sviluppo & Organizzazione. Ogni numero presentavo un romanzo: lo sguardo acuto del romanziere insegna ai manager a ‘leggere’ le organizzazioni, e a sentirsi creatori, ‘autori di nuovi mondi’. Nel 2000 era uscita in forma di libro la prima raccolta, Romanzi per i manager.

E così, durante quella passeggiata, pensai che era giunto il momento di pensare una nuova rivista. Come accade quando si progetta, mi si formava in mente una visione. Una rivista dedicata alla Direzione del Personale, in modo da completare l’offerta della Este, appoggiata allora su due pilastri, Sviluppo & Organizzazione e Sistemi & Impresa. Le due testate mi indirizzavano ad immaginare un accoppiamento di concetti, legati dalla &. Dunque: Persone, parola che tutt’oggi preferisco a risorse. E Conoscenze, al plurale, perché le conoscenze sono infinite e differenti, e si deve pensare che ogni persona porti con sé conoscenze nuove, che aggiungono qualcosa al patrimonio comune.

Va anche ricordato che in quegli anni la situazione della Este era particolarmente delicata ed incerta, sia dal punto di vista della proprietà, sia dal punto di vista dei risultati economici. Perciò all’inizio di quell’anno, 2003, aprii una società, con l’intento di lanciare da solo la rivista. Presto tornai sui miei passi, chiusi la società e cedetti gratuitamente la titolarità della testata alla Este. Accadde anche che, per contribuire al risanamento della casa editrice, ne divenni socio, portando con me altri soci. Quando apparve una compagine in grado di garantire un solido futuro alla casa editrice, cedetti volentieri le mie quote. La proprietà che emerse allora, è l’origine della proprietà che guida oggi la rivista: Andrea Bobbiese Direttore Generale e Chiara Lupi Direttore Editoriale.

Nel frattempo, 2004, era uscito il primo numero di Persone & Conoscenze.

Nel 2006 iniziano gli incontri connessi alla rivista, con il titolo Risorse Umane & non Umane. Nel 2010 l’incontro milanese prende il nome Convivio. Risorse Umane & non Umane si trasforma in evento itinerante, che in diversi luoghi del paese raccoglie la comunità che cresce attorno alla rivista. Si aggiungono altri incontri tematici: Formare e formarsi, Essere digitale.

Voglio soffermarmi ancora un attimo su Risorse Umane & non Umane: titolo che, così come Persone & Conoscenze, continua ad apparirmi attualissimo. Le persone, sempre più sono chiamate a convivere, nel lavoro, con sistemi automatici, robot ed algoritmi. In questo non eludibile scenario, dobbiamo cercare noi stessi, esseri umani al lavoro.

Parlo di questo in quello che a me sembra il più significativo articolo che io stesso ho scritto sulla rivista: “La Direzione del Personale postmoderna. Gestire risorse umane e non umane”, Persone & Conoscenze, 126, gennaio 2018.

Il Direttore del Personale (mi piace usare ancora questa dizione) si trova a dover diventare esperto di digitale. Se non lo farà, soffrirà la competizione interna di chi offrirà all’interno dell’impresa ‘lavoro digitale’. Il Direttore del Personale, se governerà i processi di digitalizzazione, potrà mantenere equilibrio tra lavoro umano e digitale, garantendo spazio al lavoro umano, indirizzando le scelte tecnologiche dell’azienda verso direzioni non ostili al lavoro umano. In questo stesso articolo parlo di come sia importante evitare la comoda strada del luogo comune. Il più frequente, forse, è ‘persone al centro’. Con queste affermazioni, non difendiamo il lavoro e gli spazi di libertà delle persone né le difendiamo dai pericoli impliciti nella digitalizzazione. Ciò che ho cercato di dire, non solo con quell’articolo, ma con la complessiva linea editoriale della rivista, è che compito del Direttore del Personale non è mantenere le persone al centro della sua benevolente attenzione. Il compito è semmai accompagnare ogni persona nel tentativo di trovare la propria centratura, di porsi al centro del proprio personale progetto.

Perciò è basilare, necessario, che il Direttore del Personale curi innanzitutto sé stesso. Cerchi la propria crescita personale ed il proprio equilibrio. Il Direttore del Personale ha il dovere morale di formare se stesso. È in virtù di questa esperienza che può poi permettersi di accompagnare un’altra persona in un percorso, che sarà un suo percorso personale, come lo è stato il percorso praticato dal Direttore del Personale.

Questa è la mia proposta. Credo importante che chi dirige una rivista porti un pensiero, una visione della comunità professionale alla quale si rivolge. Una proposta a proposito di come intendere il ruolo.

La mia proposta appariva già nella copertina del primo numero, maggio 2004. Allora le copertine ritraevano personaggi tratti da fumetti, cartoon tanto noti da appartenere all’immaginario collettivo. Due persone al lavoro indicato un punto di un foglio scritto. Uno dei due -ma potrebbe essere anche l’altro, e siamo in fondo tutti noi- pensa: ‘Siamo tutti docenti e tutti discenti’.

 

La copertina del primo numero di Persone & Conoscenze

Capisco che la frase possa essere fraintesa, e che possa anche infastidire. Una volta, partecipavo ad una tavola rotonda. Ho pronunciato la frase, all’interno di un ragionamento che andavo articolando. Ma prima che potessi proseguire, un relatore seduto accanto a me si alzò e si allontanò dal tavolo, in segno di un profondo disaccordo. Lui si sentiva diverso dagli altri. Potevo e posso anche dargli ragione. Una vita di studi, di sacrifici e di impegno motivava il suo sentirsi diverso dagli altri. Considerava di avere molti motivi per essere, giunto a un certo punto della sua vita, il docente.

Con questa frase intendo dire che chi più sa è consapevole di tutto ciò che non sa. Lo studio, la ricerca, l’apprendimento non terminano mai. Per essere un docente, non posso fare a meno di essere un perenne discente. E dall’altra parte conviene sempre ricordare -conviene ricordarlo, in particolare, ai professionisti della Direzione del Personale- che ogni persona dispone di un tesoro di talenti, conoscenze, esperienze – tanto da poter essere, almeno in un qualche specifico campo, maestro di colleghi e di superiori gerarchici. Ognuno ha qualcosa da insegnare; può essere docente. Alla fine, non credo vano ricordare che l’organizzazione è una rete di storie, ed ognuno ha almeno una storia -unica e irripetibile- da raccontare: la storia della propria vita, la propria autobiografia. Da questa consapevolezza di sé nasce la capacità di apprendere cose nuove.

 

Il secondo e il terzo numero di Persone & Conoscenze

Nel riandare agli anni passati, ricordo un altro momento in cui, in una situazione concreta, di fronte ad una esplicita domanda, mi è sembrato di essere riuscito ad esprimere, in forma sintetica e quasi paradossale, il senso che ho sperato avesse, e che spero almeno in parte abbia avuto, Persone & Conoscenze. Erano ancora gli anni in cui la rivista appena decollava. Fu organizzato un incontro pubblico dove furono chiamati a confrontarsi i direttori di diverse testate rivolte più o meno allo stesso mercato. Sviluppo & Organizzazione, Direzione del Personale, organo dell’Associazione Italiana per la Direzione del Personale, Harvard Business Review Italia, e non ricordo più quale altre riviste. Ed anche Persone & Conoscenze, l’ultima arrivata. Arrivarono alla fine le domande dal pubblico. Ricordo la domanda di un noto consulente, uno dei leader culturali della nostra comunità professionale; quasi un amico, tra l’altro. Mi chiese: Ma come farai a trovare articoli per la tua rivista? Faceva riferimento alle difficoltà che incontravano gli altri direttori nel trovare buoni articoli… Era una critica alla qualità delle riviste, allo stanco ripetere gli stessi temi, seguendo mode.

La risposta che diedi la ricordo ancora -non mi vergogno a dirlo- con piacere. Dissi: “Facile, pubblicherò gli articoli che le altre riviste scartano”.

Ecco, spero di essere riuscito, in questi diciannove anni, a pubblicare un buon numero di articoli che altre riviste avrebbero scartato. Articoli poco paludati, racconti di esperienze personali, articoli non solo di dirigenti ma anche di semplici lavoratori, magari anche articoli divaganti, lontani, in apparenza, dalle strette riflessioni sul ruolo del Direttore del Personale.

Un accumularsi di storie

Mi piace quindi ricordare Stefano Cosulich, Direttore del Personale, poeta, libero pensatore, prematuramente scomparso. Veniva agli incontri di Persone & Conoscenze portando con sé una canalina, il prodotto dell’azienda. E dedicava, di fronte al pubblico, un’ode alla canalina. Quel semplice pezzo di plastica sagomata inteso, con piena ragione, come testimonianza del valore prodotto da tutte le persone coinvolte nell’impresa. Suo è quello che reputo il miglior articolo apparso su Persone & Conoscenze. Per conoscere meglio se stesso, e per apprendere ad osservare il mondo da una prospettiva inusitata, e per sperimentare una più acuta, più profonda e rispettosa conoscenza degli altri, di ogni persona, scelse di vivere un fine settimana senza un soldo in tasca, muovendosi come un mendicante. Raccontò l’esperienza sulle pagine della nostra rivista.

Voglio anche ricordare un amico che non c’è più, Massimo Reggiani. L’amico, il collega formatore con cui forse più parlai, nei mesi di gestazione del progetto, dei temi che la rivista avrebbe dovuto proporre, dello stile comunicativo più opportuno. Tenne una rubrica sulla rivista fino all’ultimo giorno in cui gli fu possibile scrivere.

Ricordo anche Mauro De Martini, formatore, progettista di formazione, ma sopratutto, direi, in segreto filosofo e musicista. L’unico che mi accompagnato, con la sua rubrica, dal primo numero a questo che state leggendo.

E ancora ricordo un altro collega che tenne una rubrica nei primi anni di vita di Persone & Conoscenze. Quando lo invitai a partecipare al progetto, accettò di buon grado. Ma ricordo ancora che mi disse: “Va bene, tanto si sa che queste iniziative durano lo spazio di un mattino. Qualche anno, magari un certo successo, ma poi si chiude. E’ sempre andata così”. Nel nostro caso, grazie anche all’editore, alla redazione, e innanzitutto grazie a chi ha collaborato scrivendo, non è andata così. Sono passati diciannove anni dall’uscita del primo numero e siamo ancora qui. Sono anche contento di dire che negli ultimi anni la rivista mi pare cresciuta. Una veste grafica più rigorosa, segnata dalla scelta delle foto in bianco e nero, Storie di Copertina su temi non banali, sviluppati da diversi punti di vista. Spero che allo stesso tempo sia rimasta viva l’apertura a sguardi diversi e a punti di vista lontani dal conformismo. Non servono nuovi modellini abbelliti da parole inglesi. Serve condividere esperienze e narrazioni. Serve fare il punto della rotta, ricordando che non esiste futuro senza storia, personale e collettiva, senza radici.

Serve autenticità. Di questa autenticità si nutre ogni persona che dà valore a sé stesso ed al proprio lavoro. E se nutre l’intera comunità professionale di coloro che si occupano di aiutare le persone a portare alla luce sé stesse.

Spero che leggendo la rivista si colga questo intento: non vendere fumo, parlare senza nascondersi, credere in quello che si scrive. Spero davvero la nostra rivista vi sia parsa così in passato, e lo sia sempre più in futuro.

Però ora io lascio. Dopo vent’anni passo la mano. E’ saggio fare così.