Un quadro di Alberto Savinio e un Editoriale di ‘Persone & Conoscenze’


Persone & Conoscenze, la rivista dedicata ai professionisti delle Risorse Umane che ho fondato nel 2004, e che dirigo, ha cambiato veste grafica nel novembre 2020. Da allora, campeggia sulla copertina una fotografia in bianco e nero.

L’argomento principale del numero 159, gennaio-febbraio 2022 è la sicurezza sul lavoro, nel lavoro. Scrivo nell’Editoriale: “la copertina mostra operai che lavorano all’elevazione di una struttura verticale.”

 

“Se avessimo usato, invece di una fotografia, un’opera d’arte del Ventesimo Secolo, avremmo potuto mettere in copertina Les Constructeurs di Fernand Léger.”

Aggiungo che non è irrilevante la data: l’opera è datata 1950: erano anni in cui la società si fondava su una cultura del lavoro della quale oggi sentiamo gravemente la mancanza.
Ricordo anche che sempre del 1950, frutto di quella stessa cultura del lavoro, è anche il quadro che appare sulla copertina del numero precedente.

Scrivo infatti nell’Editoriale:
“Spero ricorderete che sulla copertina del numero scorso campeggiava l’immagine della visitatrice di un museo, intenta a guardare un dipinto che conteneva in sé una storia”.

Nell’etichetta che descrive l’opera si leggono il nome dell’autore, Alberto Savinio, ed il titolo: Doppio ritratto di Sante Astaldi. Il pittore ritrae l’amico imprenditore.

Continuo nell’Editoriale: “La copertina, così, mostrava un gioco di sguardi. Tre sguardi allineati su di un unico asse. Lo sguardo della donna, di spalle, è posato sul quadro. Dentro il quadro, che appare come una finestra, uno sguardo retrostante, gentilmente autorevole, solidale e protettivo, osserva il personaggio in primo piano. La frase in basso sulla copertina, sintesi dell’argomento forte del numero, in consonanza con l’immagine, recita: Pensare a ciò che facciamo.
Ritrovate a pagina 57 di questo numero quella copertina, e –ben raccontata da Francesca Albergo [qui il suo articolo]– la storia del quadro.
Si fa tanto parlare di uso dell’arte nella formazione. E comunque sappiamo di come sia importante l’arte nella nostra autoformazione, nella personale elaborazione delle difficoltà implicite nel lavoro, in particolare del lavoro del manager. Conosco pochi quadri che meglio di questo stimolano una fertile riflessione.
Già anni fa, conversando con Vania Gransinigh, la curatrice di Casa Cavazzin, il museo di Udine che ospita l’opera, mi sono trovato a dirle che ogni Scuola di Formazione ed ogni Business School dovrebbero portare lì le persone in formazione, a soffermarsi come quella visitatrice di fronte al quadro. Perché poi non basta una fotografia, l’opera va guardata dal vivo, nella sua attenta collocazione museale, nel contesto della collezione alla quale appartiene.
Alberto Savinio, artista poliedrico tra i massimi del Ventesimo Secolo italiano, dipinge l’amico imprenditore. Possiamo dire imprenditore, o anche manager: cittadino consapevole del proprio successo, ma anche, innanzitutto, del proprio ruolo sociale: fondatore l’impresa, esponente della classe dirigente, datore di lavoro.
La genialità della rappresentazione sta nello sdoppiamento della figura. Sdoppiamento dell’apparenza, in realtà, che parla della profonda natura del Sé. Siamo ciò che appariamo, ma siamo anche la traduzione in azioni di una immagine interiore di noi stessi. L’imprenditore, il manager, nel loro duro lavoro, nella loro solitudine, hanno bisogno di una guida. Ma la maturità sta nel non appellarsi ad altre figure – ma alla propria: il leader adulto è la guida di sé stesso; costruisce sé stesso riflettendo sulla propria esperienza.”