La formazione come esperienza. Intervento di Francesco Varanini nel ciclo di incontri online #OpenAIF, in occasione dell’uscita del libro ‘Splendori e miserie delle intelligenze artificiali’. Evento aperto a tutti, 31 maggio 2024 ore 18


L’aspetto più profondo della ‘formazione’ consiste nel maturare esperienze in prima persona. Anche quando lavoriamo insieme in aula, quando accogliamo l’insegnamento di un docente, ci stiamo in realtà preparando ad essere formatori di noi stessi, e ad apprendere tramite l’azione, per esperimenti, per tentativi ed errori. Ci troviamo però ad osservare come algoritmi ed ‘intelligenze artificiali’ finiscano per negarci questa possibilità. Perché ci offrono, o ci impongono, modelli già dati. Ci dicono in fondo: ‘so meglio di te cosa ti serve, cosa è buono per te’.

Se così stanno le cose, la formazione oggi più necessaria riguarda la consapevolezza, l’autostima, anche l’accettazione delle difficoltà e della fatica. Solo così ci prepareremo a non cedere alle lusinghe, alle aspettative, agli indirizzi che arrivano a noi tramite le macchine digitali, in particolare tramite le cosiddette ‘Intelligenze Artificiali Generative’.

In questa luce, la formazione comunemente oggi dedicata a diffondere ‘digital skill’, ‘digital mindset’ mostra i suoi limiti e i suoi pericoli.

Credo saranno questi alcuni degli argomenti che tratterò nel corso dell’incontro di venerdì 31 maggio 2024, ore 18, nell’ambito degli incontri della comunità #OpenAIF, benemerita iniziativa promossa da Vivaldo Moscatelli. Non posso dirlo con certezza, perché si tratta di incontri non condizionati per fortuna da una scaletta troppo rigida. E’ bello accettare l’incertezza e l’apertura del dialogo, della conversazione collettiva. Mi aspetto comunque da Vivaldo, e dagli altri che vorranno intervenire, domande che mi spingano a vedere in luce più chiara, o anche in modo inatteso, quello che ho scritto nel libro Splendori e miserie delle intelligenze artificiali. Alla luce dell’umana esperienza, Guerini e Associati, in libreria dal 24 maggio 2024.

L’incontro è anche un seguito de La formazione degli esseri umani e l’apprendimento delle macchine, mia precedente partecipazione al ciclo di incontri promossi da #OpenAIF. In quella occasione, molte domande erano rimaste aperte. Spero di poter fare qualche passo avanti nel tentativo di rispondere.

Per partecipare ci iscrive alla comunità #OpenAIF qui.

Qui sotto qualche brano tratto dal libro

Ci sono le voci ipocrite, che cercano di educare le masse all’accettazione di ogni novità digitale. Voci che fanno ap- pello all’ignoranza, all’ignavia, alla passività, all’insicurezza. La cultura digitale offre una via di fuga comoda: affidarsi alla macchina.

Il Deep Learning resta in ogni caso un tipo di apprendimento che non ha niente a che vedere con il modo umano di educarsi e di educare, con il modo umano di pensare.

Da dove nasce il bisogno di ri-educarci a dipendere dalla macchina, il bisogno di dire «We will be able to depend», «We will be able to learn»?

La cura – cura di sé, di ogni altro essere umano, della vita e della natura, a cui apparteniamo – è ansiosa preoccupazione, e conseguente agire responsabile.
Possiamo osservare due manifestazioni essenziali della cura: l’educazione e la medicina.
Entrambe riguardano la cura della vita. Educare vuol dire «portare alla luce», con riferimento al parto. Medicina significa: «meditare per curare».
La saggezza e la dignità umane si manifestano nel dire: noi umani ci prendiamo cura di noi stessi.
Quindi: l’affidarsi a standard, a protocolli, a metodi pre- definiti e universali, applicati senza guardare in faccia l’altro essere umano che è con noi, è una facile via di fuga dalla responsabilità della cura.
Il passaggio al digitale troppo spesso è il passo successivo: di fronte al peso della responsabilità, ci piace pensare di poter affidare la cura a una macchina.
Invece, useremo ogni tecnica a nostra disposizione, ma continueremo a scegliere e a dire: noi umani non cediamo la responsabilità della cura a una macchina.
Se pur mai esistessero macchine dotate di una propria «intelligenza» che in base a qualche parametro potesse es- sere definita superiore all’«intelligenza» umana, ugual- mente continueremo a dire: scegliamo di essere noi stessi a curarci.