Il lavoro ha una sola lingua: la lingua madre. Pdm talk 21 aprile 2023 ore 12-13


La mia formazione di etnografo mi fa apparire chiarissimo il fatto che il lavoro acquista senso solo se legato a parole espresse nella lingua madre, lingua natale. Pensiamo e lavoriamo nella nostra lingua.

Mi basta qui ricordare un esempio. Parlo insieme ad altri due manager, uno italiano come me, un altro spagnolo. Capita che l’unica lingua straniera con la quale mi sento veramente a mio agio è lo spagnolo. Il mio collega italiano non conosce lo spagnolo. Il mio collega spagnolo non conosce l’italiano. Io parlo con il collega spagnolo nella sua lingua. Il collega italiano parla con lui in inglese. Sono in grado di cogliere la differenza tra quello che riesco a trasmettere parlando nella lingua dell’altro, e quello che riesce a trasmettere il mio collega italiano che parla in inglese. E sopratutto mi risulta chiara la differenza nell’ascolto: il collega spagnolo, parlando la sua lingua dice molto di più di quello che riesce a dire esprimendosi in inglese. Per me nonostante tutto lo spagnolo resta lingua straniera. Ma parlando nella lingua madre di uno dei due, il guadagno, rispetto al far transitare il colloquio attraverso l’inglese -lingua veicolare, terza- è evidentissimo.

Converso su questi temi con Luca Magni venerdì 21 aprile ore 12-13 nel PdM Talk, il talk show (per restare in tema: si può veramente dire che è impossibile trovare un modo di esprimere il concetto in italiano?) del quotidiano Parole di Management, Edizioni Este.

Si partecipa all’incontro sul sito di Parole di Management.

L’incontro, come è giusto, prende spunto dall’attualità: la proposta di legge –firmata da Fabio Rampelli– tesa a rendere la lingua italiana come unico mezzo di comunicazione all’interno della Pubblica Amministrazione. Non mi trovo molto a mio agio nel modo con cui gli organizzatori dell’incontro propongono l’argomento: “Davvero non siamo in grado di rinunciare agli inglesismi (sono circa 9mila presenti nel dizionario Treccani)? E poi: la cultura aziendale passa anche dal linguaggio; perché depauperare la nostra lingua di tutte quelle influenze che nel tempo sono state accettate e integrate?”. Ma di questo dirò nell’incontro stesso, parlando con Luca Magni e con Chiara Lupi e Dario Colombo.

Qui dico solo che nell’esprimere il mio punto di vista chiamerò in causa Elio de Nebrija, grammatico spagnolo che il 18 agosto del 1492 pubblica a Salamanca la Gramática de la lengua castellana, prima grammatica di una lingua viva mai pubblicata. Le caravelle di Cristoforo Colombo erano salpate da Palos de la Frontera alle sei del mattino del 3 agosto. La Gramática è il modo di imporre lo spagnolo come lingua a tutti i sudditi del regno e del nascente impero. Nella dedica alla regina Isabella, Nebrija la ammonisce: per creare l’impero “serve più la lingua della spada”.

Prima pagina della prima edizione de la Gramática. Prologo dedicato alla Regina: “A la mui alta y assí esclarecida Princesa Doña Isabel…”

La posizione di Nebrija ci porta dunque a pensare che attraverso la lingua inglese passa un dominio del quale forse non ci rendiamo ben conto. Usiamo dunque l’inglese, ma con la dovuta cautela, tenendo presenti le conseguenze: il nostro parlare di lavoro, ed il nostro lavorare, sono costretti a transitare attraverso un codice straniero.