Trattato di Informatica Umanistica


L’opera, in quattro volumi, frutto di un lavoro al quale mi dedico da anni, di cui si trova qualche traccia sul blog Dieci chili di perle, inizia ad essere pubblicata nel gennaio 2016. Primo volume: Macchine per pensare. L’informatica come prosecuzione della filosofia con altri mezzi.

Come qualcuno ha giustamente osservato, il titolo Trattato è improprio. Un Trattato è un’opera che svolge metodicamente una materia. Un Trattato espone, con scopi didattici, i principi, i  concetti basilari, le regole di una disciplina. Qui, in questo mio lavoro, non c’è uno stretto intento didattico, non c’è una materia precisamente definita, non c’è una descrizione ordinata di un sapere consolidato. Al contrario, c’è un avvicinamento a un territorio  sconosciuto. Un avvicinamento che procede per tentativi e tramite sguardi differenti.
Infatti, è bello conservare l’antica, e anche rassicurante parola Trattato. Ma si tratta oggi di avventurarci su un terreno nuovo e anche pericoloso. Uso l’antica parola per denominare una serie di testi scritti in un’epoca in cui non possiamo più permetterci rassicuranti ed ordinati sguardi didattici.
Racconto dei miei avvicinamenti alla cultura digitale, e quel vasto campo dai confini sfumati che possiamo chiamare informatica. Nella speranza di stimolare in ogni lettore un personale e consapevole avvicinamento a questo nuovo mondo.

Tra le tante espressioni, tutte insufficienti, che si potrebbero usare: cultura digitale, trasformazione digitale, computer science, pensiero computazionale…, scelgo di restare fedele all’idea di una Informatica Umanistica.

L’Informatica Umanistica non si riduce, come spesso si intende, all’uso di hardware e software in ambito editoriale, in biblioteche e musei, né si riduce alla predisposizione di supporti informatici per ricerche storiche, linguistiche, o filologiche.
L’Informatica Umanistica consiste nel considerare l’arte, la poesia, la letteratura, la filosofia -in genere il vasto campo della cultura umanistica- come fonte di ispirazione per immaginare e costruire macchine in grado di accompagnare l’uomo nel produrre conoscenza.

Questa definizione di Informatica Umanistica mi offre l’ottica con la quale guardare ad un nuovo mondo.

Prendo nella più seria considerazione, dunque, il nuovo mondo prospettato da vari filoni di ricerca – ne enumero qualcuno: Teoria algoritmica dell’informazione, Data Mining, Intelligenza Artificiale, Machine Learning, Robotica, Interfacce uomo-macchina, Automazione industriale, produzione additiva. Forse l’essere umano nel nuovo mondo occuperà un luogo marginale. Ma proprio questa sfida portata dal non-umano ci spinge ad approfondire la ricerca di cosa contraddistingue l’essere umano. Potremmo consegnarci nelle mani dei tecnici che progettano e allenano le macchine che sostituiranno forse l’uomo. O potremmo forse più definitivamente consegnare il nostro futuro a queste macchine. Ma possiamo anche, come cerco di fare, interrogarsi sul futuro di noi esseri umani: esseri che non recidono radici, che non rimuovono la storia, che non rinunciano a narrare e a progettare.

Dell’opera in fieri l’unica parte certa è quella già pubblicata. Le parole scritte qui sopra datano al settembre 2018. Qui sotto riporto il Piano dell’opera così come è pubblicato in Macchine per pensare.

TRATTATO DI INFORMATICA UMANISTICA

La vita quotidiana e il mondo del lavoro. L’organizzazione della fabbrica così come l’economia e la finanza. Le interazioni sociali così come i rapporti di potere e l’esercizio della sovranità. Il modo di costruire conoscenza, l’idea stessa di educazione, il concetto di letteratura. Nel giro di mezzo secolo, lo scenario nel quale si muove l’uomo è radicalmente cambiato per via dell’avvento di macchine che ci siamo abituati a chiamare computer.
Ma alla presenza pervasiva del computer nell’esperienza umana non corrisponde la consapevolezza di cosa il computer sia, e possa essere. L’informatica finisce così per restare campo d’azione di esperti, legati ad proprio sapere tecnico, non sempre consapevoli della storia stessa della loro disciplina, e delle conseguenze della loro azione.
D’altro canto i filosofi, i pensatori, gli scienziati, coloro ai quali deleghiamo la vasta comprensione della vita e dell’universo, privi per lo più di conoscenze tecniche, finiscono per disinteressarsi all’informatica.
Il Trattato di informatica umanistica offre percorsi utili a colmare questa lacuna. Tramite diversi percorsi, l’informatica viene osservata come esito di riflessioni filosofiche, di concezioni del mondo, di opzioni politiche.
L’emergere e l’affermarsi e l’evolversi dell’informatica offre così anche l’occasione per guardare, da una prospettiva originale, alla storia culturale e sociale del Ventesimo Secolo.
Attraverso le narrazioni traspare anche la doppia natura del computing. L’iniziale progetto pretendeva di costruire una macchina destinata a supplire alla pochezza umana, imponendo controllo, regole, ordine, esattezza. Un altro progetto rovescia poi l’originario intento: la potenza della macchina può essere usata -tramite personal computer- per accompagnare l’uomo nel pensare da sé, al di fuori di vincoli e costrizioni.
In ogni caso però, sia guardando i grandi elaboratori elettronici, sia guardando il personal computer, si può osservare come le potenzialità della macchina finiscono per essere subordinate ad interessi di parte, politici ed economici – che restano però occulti, nascosti nell’hardware e nel software.
Si può quindi dire che l’informatica è ancora lontana dallo sprigionare le proprie potenzialità.
Si possono prefigurare scenari differenti.
Si può guardare ad un avvenire dove Macchine-Dio pensano e governano il mondo al posto dell’uomo; si può immaginare un mondo futuro abitato da esseri post-umani, per i quali è divenuto invisibile il confine tra naturale ed artificiale.
Oppure si può -ed è questa l’ottica che il Trattato di informatica umanistica propone- scegliere di continuare ad osservare la scena dal punto di vista dell’uomo. Il mondo futuro sarà sempre più popolato da macchine- ma il Trattato di informatica umanistica, in fin dei conti, è scritto da un essere umano.

Volume 1: Macchine per pensare. L’informatica come prosecuzione della filosofia con altri mezzi
L’informatica è figlia di unica tradizione filosofica. E’ conseguenza dal pensiero di Cartesio, Leibniz, Frege, Russel, Hilbert. Da loro discende Alan Turing.
La sfiducia nelle proprie capacità porta l’uomo ad affidarsi a macchine, che si vorrebbero capaci di sostituire l’uomo non solo nel lavoro bruto, ma anche nel pensare. Nelle macchine si cerca anche risposta ad una esigenza politica: si può seguire la storia parallela dell’affermarsi delle dittature, negli Anni Venti e Trenta, e dell’affermarsi di macchine destinate al controllo sociale.
Allo stesso tempo, seguendo le tracce di Wittgenstein e Heidegger, possiamo osservare come appaia sulla scena un altro tipo di macchina – che invece di sostituirlo, accompagna l’uomo nel pensare.

Volume 2: Pitts, Bush, Nelson. Tre storie del computing
Si narrano tre storie esemplari, attraverso le quali è possibile ricostruire la storia culturale e tecnica del computing.
Walter Pitts è la figura emblematica di giovane matematico, bisognoso di pensare attraverso la matematica per mantenere ordine nella propria mente e nella propria vita. La sua storia riassume e porta all’estremo le vicende di altri giovani matematici, geni precoci e psicologicamente fragili- cui dobbiamo il computing: Gödel, Turing, von Neumann.
Vannevar Bush, professore universitario, tecnologo, è alla guida -durante la Seconda Guerra Mondiale- di grandi progetti militari industriali, capace di indirizzare le enormi risorse americane verso risultati pratici. Al contempo, è un visionario. E’ il primo ad immaginare, nel ’45, la macchina che oggi chiamiamo Personal Computer.
Ted Nelson è il precursore che all’inizio degli Anni Sessanta immagina l’ipertesto e il World Wide Web. E’ mosso da una vocazione d’artista e da una solida competenza umanistica, ma anche dalla propria ‘malattia’: affetto, secondo i giudizi stigmatizzanti della medicina, da dislessia e da decifit di attenzione, scopre, nella scia di Vannevar Bush, un nuovo modo di costruire conoscenza, di cui tutti oggi godiamo.
Attraverso i tre personaggi si raccontano tre stagioni diverse. Pitts: da Russell e dalla matematica di Hilbert alla cibernetica ed al computing, dall’inizio alla metà del Ventesimo Secolo. Bush: dagli Anni Trenta alla Seconda Guerra Mondiale. Nelson: dagli Anni Sessan ta al nuovo Millennio.

Volume 3: Scrivere è cancellare. Letteratura e costruzione di conoscenza nel tempo della cultura digitale
Il libro e la biblioteca propongono una idea di ordine e di classificazione. L’informatica porta al massimo grado questa idea.
Ma poi, a partire dagli Anni Sessanta, emerge nel seno dell’informatica un nuovo modo di intendere la letteratura: la letteratura è una rete, alla quale ognuno, lettore e scrittore allo stesso tempo, contribuisce. Ogni singolo testo è un luogo di questa rete. Ogni testo è allo stesso tempo fonte e debitore di altri testi. Siamo di fronte quindi ad un immenso, infinito testo sempre in fieri.
Questa immagine della letteratura è anche, in senso più lato, immagine della conoscenza, continuamente prodotta e ri-prodotta dall’uomo.
Nell’epoca del libro, era accessibile solo una piccola parte della conoscenza: ciò che era pubblicato. Nell’epoca della Rete tutto è già pubblicato, accessibile. Si rovescia quindi il senso della scrittura: scrivere non è più tenere faticosa traccia dell’umana conoscenza, scrivere, ora, è cancellare, allontanare dallo sguardo, oscurare ciò non ci interessa qui ed ora.
Siamo chiamati ad osservare come si riconfigura il concetto di romanzo e a chiederci quale sia futuro della letteratura e dell’editoria.
In senso più lato siamo chiamati ad osservare come nel nuovo contesto tecnologico l’uomo costruisce conoscenza.

Volume 4: Nel giardino della conoscenza. Linneo, Goethe e le macchine possibili
Linneo descrive in modo sistematico la natura. Ogni pianta, ogni minerale, ogni animale, compreso l’uomo. Inizia con l’orto botanico e finisce con una tavola descrittiva dove ogni ente è nominato con una codifica univoca. Tavola che è il diretto precursore di ciò che in informatica si chiama ‘modello dei dati’.
Goethe -poeta e scienziato allo stesso tempo- ammira il lavoro di Linneo. Ma finisce per rifiutarlo. Linneo chiude la conoscenza in una forma. Goethe inventa la parola morfologia, per parlare di come ogni pianta, ogni ente ha una sua propria forma. Un modo di manifestare il proprio essere.
Linneo codifica. Goethe guarda invece alla conoscenza emergente. In questo doppio sguardo troviamo anticipata la storia dell’informatica.
La macchina di Linneo, come la macchina di Turing, sono figlie di una cultura e di una storia. La via proposta da Goethe ci spinge ad andare oltre. Possiamo immaginare altre macchine.

(versione 23 settembre 2018)