Giuseppe O. Longo: Uomo e computer: verso un’Informatica Umanistica. Recensione di ‘Macchine per pensare’, ‘Avvenire’, 4 maggio 2016


Giuseppe O. Longo ha buoni motivi per esprimere un’opinione a proposito del mio libro Macchine per pensare.  Ingegnere dell’Informazione convertito alla filosofia, esperto di roboetica, autore di saggi sul post-umano. Autore anche di romanzi e di testi teatrali.

La recensione di Giuseppe O. Longo a Macchine per pensare è apparsa sull’Avvenire, 4 maggio 2016, p. 23. E’ sempre interessante vedere come un articolo è messo in pagina. Trovo fonte di riflessione il fatto che l’articolo appare insieme ad un invito ad un miglior uso della lingua italiana in ambiti tecnico professionali -in particolare in ambito giuridico- e a una opinione sull’attualità del pensiero di Karl Marx. Qui trovate la pagina del quotidiano sulla qua le appare la recensioneQui trovate la recensione isolata.
In ogni caso riporto qui sotto il testo.

La tradizione cartesiana, basata sulle idee chiare e distinte e sulle regole per pensare bene, si è prolungata fino ai giorni nostri, portando a un prevalere, nella scienza, del formalismo e del linguaggio matematico. Da questa prevalenza, vista da una parte la pericolosa tendenza dell’uomo a dedicarsi a temi di cui non può avere certa e indubitabile cognizione, e dall’altra l’implacabile precisione delle macchine, segue una palese superiorità della macchina sull’uomo: quest’ultimo deve rassegnarsi a cedere il posto alla prima. E la macchina per eccellenza oggi è il computer che, sulla scorta di Cartesio e dei suoi seguaci, da Leibniz a Frege a Turing, è una macchina intelligente: anzi l’Intelligenza Artificiale è l’unica intelligenza, poiché è esente dai limiti umani, dovuti alla presenza del corpo e alla fallacia dei sensi. Nel ‘Paradiso dell’Informatica’ non c’è posto per l’uomo.

Questa argomentazione è condotta con raffinata consequenzialità da Francesco Varanini nel suo ultimo libro (Macchine per pensare. L’informatica come prosecuzione della filosofia con altri mezzi, Guerini e Associati, 2015), che si annuncia come il primo di quattro volumi dedicati all’informatica umanistica, cioè a una visione socioculturale in cui l’uomo non sia sostituito dal computer, ma sia da esso aiutato e sorretto nella propria attività cognitiva e pratica, restando al centro della scena. Alla posizione razionalista di Cartesio e di Turing, per cui ogni ragionamento è di tipo deduttivo e rigorosamente logico-computante (si ricordi il calculemus leibniziano, indicato come il metodo unico per dirimere ogni questione, anche le divergenze quotidiane), si oppone Sigmund Freud. Due suoi contributi fondamentali (L’interpretazione dei sogni e Il perturbante) vengono ripetutamente citati dall’autore per avvalorare la contrapposizione tra Cartesio (la conoscenza è fondata su strutture solide e su regole inderogabili) e il fondatore della psicoanalisi. Freud ritiene che la conoscenza sia vicina ad antiche credenze popolari e scaturisca dal mondo onirico, in cui corpo e mente sono legati inscindibilmente, in cui sono presenti materiali spuri, connessioni enigmatiche e allusive ma pregne di un significato che va appunto interpretato: il sogno ci parla delle verità più profonde.
Comodo sarebbe accettare il progetto logicista, ma, sostiene Varanini, se non vogliamo che l’uomo sia trasformato in robot e sia quindi sconfitto dalla macchina, robot infinitamente superiore sul terreno razionalcomputante, bisogna dare ascolto a Freud e tener conto di “arcaici desideri di possesso, di appartenenza, di violenza e di morte” di amori e di odii inconfessati per i genitori, inquietudini, paure, fantasmi dimenticati che pure sopravvivono, relitti galleggianti nell’oscuro mare dell’inconscio. È, in fondo, la definizione del Perturbante (Das Unheimliche): tutto ciò che dovrebbe restare segreto, nascosto e che invece affiora, mettendoci di fronte, con sgomento, alla nostra natura più profonda. Di qui a dichiarare che il Web è la versione collettiva ed estroflessa dell’inconscio il passo è breve e audace, e l’autore lo compie sostenuto da ragioni persuasive, prima di tutte che nel Web si raccolgono materiali di ogni genere ed esiste un Web profondo, irremeabile. “Il Web è il luogo dell’occulto. Ma anche il luogo dove si costruisce conoscenza. È il luogo dove stanno tutti i materiali.” Non è possibile dar conto della ricchezza di questo testo, che è anche un’affascinante escursione nella storia della Germania sotto il profilo della filosofia, della matematica e dell’informatica. In particolare “la filosofia tedesca ci parla di macchine pensanti, figlie della ragione… come la macchina di Turing… Ma ci propone anche un percorso che… con Husserl, Heidegger, Heisenberg e Bonhoeffer, ci porta a immaginare altre, differenti macchine, macchine che, anziché sostituirlo, accompagnano l’uomo.” E, ci esorta Varanini, “invece di seguire Libniz sulla via del Calculemus!, via che porta a costruire macchine che si spera siano capaci di calcolare da sole, prescindendo dall’uomo, possiamo percorrere, accompagnati da macchine adeguate, la via del Narremus!”, perché la conoscenza che non può essere formalizzata può (deve) essere narrata. Questa è la via dell’informatica umanistica.