Straniante e perturbante la nostra quotidianità. Recensione di Giuseppe Varchetta di ‘Macchine per pensare’ apparsa su ‘Direzione del Personale’


Questa recensione di Giuseppe Varchetta è apparsa su Direzione del Personale, rivista dell’Associazione Italiana Direzione del Personale, AIDP, numero 4, dicembre, 2016.

Varchetta Recensione Macchine per pensare 1

Straniante, perturbante la nostra contemporaneità. E’ capace di porci di fronte, contemporaneamente, alle più fulgenti solidarietà e al ripresentarsi – lungo l’ipotesi profetica di Primo Levi, “Tutto potrebbe ritornare” – dell’orrore attraverso eventi impensabili e indicibili. “E’ sempre stato così”, si dice; la storia si ripete. Tutto vero; ma è anche vero che le istanze si sono radicate in significati largamente condivisi di cosa sia una vita umana e di quali valori una vita, per essere ancora umana, non possa essere deprivata; ed è anche vero che, a differenza di tempi anche recenti, oggi siamo tutti immersi in circuiti informativi incessanti, in scenari di fatto profondamente diversi che ci deprivano, giorno dopo giorno, da una antropologia umana caratterizzata da un tempo e uno spazio fino a poco tempo fa sentiti più nostri.

Un tratto salvifico del nostro tempo, capace di aprirsi a nuove prospettive culturali e geopolitiche, è la fondata speranza di un superamento della frattura di quelle definite, alla fine degli anni 50 del secolo scorso da Charles D. Snow, “Le due culture”, quella letteraria umanistica e quella scientifica, segnate da una frattura sempre più aspra, un muro di incomprensione. Il quell’aureo piccolo libro Snow da letterato-scienziato aveva stigmatizzato la preconcetta diffidenza degli umanisti nei confronti degli straordinari successi e sviluppi della ricerca scientifica di quegli anni. Ludovico Geymonat, il “padre” della filosofia della scienza nella cultura italiana, nella prefazione all’edizione italiana dello scritto di Snow auspicava che l’indagine di Snow fosse sviluppata “inquadrandola nel problema più ampio dei rapporti uomo mondo”.
Questo transito, verso il superamento della frattura tra umanesimo e scienze, è oggi profondamente avviato e, sembra di poter dire, senza alcuna ipotesi di ritorno involutivo.
Non c’è spazio in questa occasione per tracciare i percorsi di questo lungo viaggio e il suo abbrivio. E’ stata una lunga marcia, che ha avvicinato profondamente per esempio fisica e filosofia delle scienze, neuroscienze e psicanalisi e che sta annoverando la narrativa come autentica area di ricerca attraverso la centralità euristica della categoria del linguaggio.
Lungo questa traccia si può affermare che la prospettiva sociotecnica abbia oggi una piena cittadinanza visionaria e operativa e che la “confusione” delle due culture sia una grande metafora, un indirizzo preciso per una visione integrata, ricorsiva, sulla scena organizzativa dei soggetti umani e delle macchine.
A pensieri di tale natura conduce l’ultimo lavoro di Francesco Varanini, “Macchine per pensare”, titolo chiosato da un sottotitolo che suona ”L’informatica come prosecuzione della filosofia con altri mezzi”. Siamo nel centro di un terzo spazio, epistemologico-emozionale, nel quale la macchina del nostro tempo, il computer, è presentata come “una macchina progettata per sostituirsi all’uomo [che] finisce per rovesciarsi nel progetto di una macchina che accompagna l’uomo” (ivi pag. 18); affermazione introduttiva rinforzata dalla sottolineatura che “il Mainframe serve a parcellizzare e organizzare il lavoro. Il Mainframe garantisce i controllo della conoscenza, ridotta a informazione. Il Mainframe impone d’autorità regole e ordina il pensiero. Il Personal Computer, al contrario, garantisce spazi di libertà, autonomia personale” (ivi pag. 19). Siamo invitati, in altre parole dall’autore, alle nozze tra umanesimo e macchina.
Le pagine di Varanini che abbiamo in mano (dense via via di accattivante lettura, simile a quelle di un eccellente testo di fantascienza e di divulgazione scientifica di tradizione anglosassone), non sono un manuale, “è il primo frutto di un progetto che [l’autore] porta avanti da anni; è la proposta di un viaggio; … è una rete, un luogo di possibilità” (ivi pag. 14).
Questo libro – coraggioso, pieno di letizia, dissacrante e insieme capace di riproporre continuamente la ricerca del significato – si basa su una prima idea, una convinzione cardine che sostiene tutte le altre argomentazioni: “Freud ci ha mostrato come ogni essere umano si trovi a convivere con l’inconscio. E come ognuno di noi resista a ciò che dice l’inconscio. Siamo pronti, a questo punto, per proporre un Ersatz. Una sostituzione che costruisce senso. Possiamo dire che il Web è l’inconscio. Cent’anni dopo le scoperte freudiane, all’inizio del XXI secolo, ci troviamo sotto gli occhi un rovesciamento paradossale. Proprio tramite quello stesso codice digitale offerto dal computing, erede del logicismo, proprio tramite i computer, macchine nate nel quadro del progetto logicista, abbiamo accesso allo sconfinato, sinistro, perturbante, spaesante – ma enormemente ricco – World Wide Web. Nel World Wide Web è impossibile separare nettamente le ‘credenze’ dalle ‘verità’; ci muoviamo nella sterminata Rete privi di certezze, mossi, nella nostra ricerca di conoscenza, da … oscure congetture . Ma non per questo il Web cessa di essere fonte di conoscenza. Al contrario: il muoversi seguendo oscure congetture è il modo di portare alla luce quella conoscenza che la logica formale e le procedure del computing scartano, per la loro disconformità rispetto a forme già date” (ivi pagg 96, 97).

E’ come se l’autore ci proponesse, attraverso la sua macchina, un percorso dall’Io al Sé, dove l’Io rappresenta le istanze più razionalizzanti, all’interno di una logica dirimente e il Sé abbraccia la coscienza e il suo oltre, intriso di una logica componente, capace di tenere uniti gli opposti, con una visione globale, dilatata del reale, nutrita dall’accettazione anche del non immediatamente chiaro. Un confronto in altre parole dentro quello spazio intermedio, già indicato, della nostra esperienza umana che, da realtà predefinita diventa un “possibile”, una continua aspirazione. Il salto da una logica delle “probabilità” a una logica delle “possibilità”.
Questo nucleo di ipotesi connette la seconda idea cardine della ricerca di Varanini: “Il modo greco di distinguere bios theôrêtikós da bios politikós ci permette di affermare che esiste una informatica – l’informatica che ci offre il Personal Computer e il World Wide Web – orientata a renderci possibile il bios theôrêtikós. L’uomo che tramite il motore di ricerca si affaccia sull’infinita conoscenza potenziale sta, ne più ne meno, consultando l’oracolo, ovvero sta facendo esercizio della più alta capacità umana: pensare” (ivi pag. 46). L’uomo della nostra contemporaneità si trova a fronteggiare due ipotesi: da una parte essere preso da un delirio di onnipotenza, dentro un flusso universale, fornito di macchine capaci di svolgere tutto ciò che deve essere fatto; dall’altra di amare ancora la terra, di stare – nel – mondo, “coltivare i propri progetti e offrire il proprio infungibile contributo alla costruzione di conoscenza: … la macchina concepita in una maniera – governata d algoritmi che pretendono di incarnare il giusto modo di pensare – serve per allontanare l’uomo dalle sue responsabilità. La macchina concepita in un’altra maniera – macchini per prendersi cura, macchina che libera da vincoli, aiuta a stare – nel – mondo, supporta il pensiero umano – serve all’uomo per assumersi responsabilità” (ivi pagg 290, 291).
Il libro si struttura in tre parti: la prima parte è un ripercorrere il pensiero filosofico occidentale dedicato alle macchine, con il confrontarsi, nella terza parte, di un piccolo trattato a sé di informatica umanistica; la seconda parte è un affascinante racconto, quasi un romanzo, che ci avvicina per via narrativa alle origini e allo sviluppo della “macchina per pensare”.
L’autore palesemente invita tuttavia a leggere il libro costruendo di volta in volta, lettori/lettrici individuali, una propria modalità di approccio, non negando l’assunto dello stupore e della generatività. E’ un libro simbolo quello che ci ha regalato Francesco Varanini: ci può accompagnare per un certo tempo nel nostro approcciarci alla quarta rivoluzione, dopo quella del linguaggio, della scrittura e della stampa.
Siamo completamente, nei nostri giorni, immersi nella quarta fase, quella della noosfera, siamo alle prese tutti i giorni, bambini, adolescenti, giovani e anziani, coi cambiamenti che la mediasfera ha prodotto sulla noosfera, il suo ambiente e i comportamenti connessi; cioè sul modo in cui la rete ha cambiato la nostra mente, la nostra intelligenza, le nostre operazioni. (1)
Francesco Varanini ci offre pagine scritte attraverso la lente di un intellettuale -operatore riflessivo, preoccupato che la noosfera possa diventare per tutti un significato condivisibile, capace di aiutarci a migliorare il raggiungimento del nostro Compito Primario come donne e uomini, quello di pensare. In questa direzione, se è vero che la funzione delle Risorse Umane è quella di assistere e promuovere lo sviluppo individuale e collettivo nell’esperienza organizzativa, le pagine di Varanini non possono che diventare, nei giorni a venire, un laico breviario per noi tutti.

(1) Simone Raffaele, Presi nella rete, Garzanti, 2012, Milano