Uno dei motivi per cui ho scelto, per la prima Conference della MIT Sloan Management Review Italia, di cui sono progettista e Chairman, il titolo La scintilla della coscienza nell’Era Digitale è questo: Agency è l’ambigua parola che i filosofi digitali sostituiscono a libertà. Infatti nessuno osa tradurre agency con libertà, o neanche con potere, capacità. Si preferisce lasciare la parola in inglese, o avventurarsi nel neologismo agentività. L’espressione vuole affermare l’esistenza di un terreno sul quale appaiono -simili, fungibili, sostituibili l’un l’altro- l’umano e la macchina.
Accade cosí che le metriche buone per le macchine siano imposte a noi umani. La millenaria storia dell’umana ricerca dell’essere, del sé, dello spazio di autonomia, della responsabilità personale, è così comodamente elusa, o anzi rimossa.
Voglio invece sostenere che la coscienza è una caratteristica distintiva dell’essere umano.
Trascrivo qui di seguito il titolo del mio l’intervento e il relativo abstract.
Il mondo visto dal buco della serratura
Se avessimo seguito la via di Spinoza, anziché quella di Cartesio e Leibniz, avremmo altre macchine. Se Turing avesse accettato di riflettere criticamente sul proprio pensiero, come lo invitava a fare il suo maestro Wittgenstein, avremmo altre macchine.
Dobbiamo apprezzare le macchine che abbiamo – ma dobbiamo anche ricordare che sono solo un esempio delle macchine che potremmo aver costruito, ieri o oggi, o che potremmo costruire in futuro.
Sono innumerevoli gli esempi che mostrano come la cultura digitale nella quale viviamo immersi sia il frutto di un pensiero tecnico-scientifico rispettabilissimo, ma escludente. Ci sono innumerevoli cose in cielo e in terra che con questi occhiali non possiamo vedere.
La complessità del pensiero umano è evidente, se solo guardiamo ai diversi verbi latini che ne parlano. Ma la Computer Science prende per buono un unico modo del pensare umano, e -cosa più grave- impone questo unico modo agli umani, come nuovo modello del pensare.
Purtroppo, la letteratura alla quale fa riferimento chi oggi immagina e costruisce macchine, risale, se va bene, agli Anni Trenta del secolo scorso, quando Turing scrisse il suo primo articolo. Anzi, sembra quasi che siano citabili negli articoli solo altri articoli, usciti, se andiamo lontani, cinque o dieci anni fa. Abbiamo perso il senso della storia. Viviamo intrappolati nell’ultimo miglio.
Non credo di essere il solo a far fatica a tornare ad allargare lo sguardo, dopo aver abbassato gli occhi, come è giusto fare, sugli articoli che descrivono la Self-Attention dei Transformer -il cuore della tecnologia GPT- o che parlano con malcelato entusiasmo di come forse si intravedano nelle macchine del tipo GPT “Sparks of Artificial General Intelligence”.
Meglio evocare una diversa, umanissima scintilla, la scintilla conscientiae. A mitigare l’orgia di parole nuove, una perla di saggezza.
San Girolamo, 400 anni dopo Cristo, facendo appello a quella filosofia perenne che ha sempre accompagnato l’essere umano, ci dice che oltre la ragione, oltre il coraggio, oltre la passione, oltre qualsiasi skill, competenza o libertà o aspettativa di ruolo, c’è qualcosa che contraddistingue e guida ogni essere umano: la scintilla della coscienza.
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