La storia della letteratura è anche una storia dell’autorità. Nel nostro immaginario è un’autorità essenzialmente maschile. Accanto a lui, quasi sempre, una donna in un ruolo ancillare: sostenitrice, consolatrice, curatrice della fama e dei diritti del grand’uomo.
Un caso esemplare è Octavio Paz. Il poeta laureato, il saggista acuto, il premio Nobel, il paludato eroe della letteratura americana, il re dei salotti, il sovrano dispensatore di fama, di successi editoriali e di borse di studio.
Questo luogo comune crolla, alla luce della storia di Elena Garro. Al di là dell’amore che legava lei e Octavio, la presenza di Elena, questa compagna che si rifiuta di stare al suo posto, che non riesce a starsene zitta, è per Octavio insopportabile.
Elena bruciò la sua prima opera letteraria perché sapeva che se l’avesse pubblicata avrebbe perso Octavio. Per lunghi anni la figura di Elena è denigrata: è una ‘loca’, una pazza inaffidabile, squilibrata, disturbata, via di testa, dicono i sodali del grande poeta.
Ma con il passare del tempo la figura di Elena appare in tutta la sua grandezza. Romanziera, autrice teatrale, pensatrice a tutto tondo.
Octavio troverò stabilità, nella vita quotidiana, con la seconda moglie, adorante e succube. Elena attraverserà la vita da sola. Ma il legame tra i due resterà sempre presente.
E credo di poter sostenere che tutta l’opera di Octavio si fonda sull’ispirazione di Elena. E tutta l’opera di Octavio si riassume in fondo in tre versi giovanili, dedicati ad Elena.
Torno con quest’articolo ad occuparmi di questioni di letteratura ispanoamericana. In realtà ho iniziato a scrivere questo testo circa venticinque anni fa. Entrerà probabilmente a far parte di libro, seguito di Viaje literario por América Latina.