Un cervello quasi cibernetico. A proposito del ‘Viaje literario por América Latina’. Due recensioni su ‘La Revista de Libros’, nº 43-44, julio-agosto 2000


C’è stato un momento, verso la metà del 2000, nel quale il Viaje literario era ineludibile oggetto di dibattito letterario in Spagna. Non tutte le opinioni mi erano favorevoli. Cito qui un caso esemplare. Due recensioni di illustri recensori, apparse insieme sulla Revista de Libros, 43-44, luglio-agosto 2000.

Ricardo Bada, Razzia literaria por América Latina. (Poi apparsa anche su El Malpensante)

Fernando F. Lafuente, Varanini y la geografía oculta de la literatura hispanoamericana.

Ricardo Bada è poeta, ferratissimo critico, gran conoscitore della letteratura ispanoamericana, autore oggi anche di due blog molto seguiti, presso FronteraD e presso El Espectador. Fernando R. Lafuente, autorevole filologo e critico letterario, in quel momento è Direttore dell’Instituto Cervantes. Non mi si risparmiano gli elogi, ma nemmeno le critiche.

Non condivido il rilievo, che mi pare traspaia in entrambi gli articoli, secondo il quale il mio saggio mancherebbe di una prospettiva storica. Ogni opera va collocata nel suo contesto storico-culturale: così faccio con Borges, con Adalberto Ortíz, con Andrés Caicedo, con Jorge Edwards, con lo stesso Cortázar. A ciò, nella parte iniziale e nella parte finale del libro aggiungo un’altra chiave interpretativa: in Europa la letteratura ispanoamericana fu intesa come esotismo culturale e politico, come elusione sia della storia europea, sia della storia americana. Le due chiavi di lettura non si contraddicono né si elidono;  anzi credo che  si rinforzino a vicenda.

Ricardo Bada, in conclusione del suo articolo, giudica il mio sguardo. “Una mirada tan recalcitrantemente eurocéntrica es de las menos apropiadas para desvelar el secreto final de una escritura que, a fin de cuentas, quiere expresar su propio continente”. (“Uno sguardo così recicaltremente eurocentrico è dei meno appropriati per svelare il segreto finale di una scrittura che, in fin dei conti, vuole esprimere il suo proprio continente”).

Non credo di peccare di eurocentrismo quando parlo di Caicedo, di Ortíz o di Felisberto Hernández. Critico la scrittura latinoamericana quando si allontana da se stessa per vendersi a lettori disinteressati a conoscere veramente l’America Latina; critico la scrittura ispanoamericana quando si arrende a un mercato editoriale che chiede stereotipi ed esotismo. Ho cercato, proprio per rispetto di quel continente e della scrittura che lo esprime, di mantenere sempre leggibile un metamessaggio: sono un lettore straniero, il mio sguardo è straniere. Cautela da etnografo; che nei miei intenti è anche un invito a viaggiare da soli, senza troppe guide, in quelle letterature e in quelle terre.

Fernando R. Lafuente scrive: “Ahora ya, también la literatura de Borges, Cortázar, Carpentier, García Márquez, Jorge Edwards, Vargas Llosa y Lezama Lima –por no citar a los todavía lamentablemente «raros» Felisberto Hernández, Andrés Caicedo y Adalberto Ortiz– se incorpora a la agenda del exotismo (europeo) antropológico. Como novedad, nadie se atreverá a discutirla. Otra cosa es la opinión que en alguno de los citados autores hubiera provocado o provoque tan pintoresca «lectura» e inclusión”.  (“Ora, bene, anche la letteratura di Borges, Cortázar, Carpentier, García Márquez, Jorge Edwards, Vargas Llosa y Lezama Lima – per non citare Felisberto Hernández, Andrés Caicedo y Adalberto Ortiz, ingiustamente ancora considerati  ‘strani’ – viene incorporata all’agenda dell’esotismo (europeo) antropologico. Come novità, nessuno oserebbe discuterla. Cosa diversa è l’opinione che avrebbe provocato in qualcuno dei citati autori una tanto pittoresca «lettura» e inclusione”).

Non credo di aver fatto di ogni erba un fascio. Ho attribuito la caduta nell’esotico solo a García Márquez, e semmai in modo diverso a Carpentier, e ad epigoni che non vale neanche la pena di nominare. Mi guardo bene dall’incorporare all’esotismo europeo Lezama Lima. Come reagirebbero, si chiede Lafuente, alcuni dei citati autori alla (pretesa) inclusione? L’opinione di Cabrera Infante a proposito del Viaje literario è per me importante proprio per questo. Uno dei più autorevoli citati autori ha letto il mio libro e ha capito il mio intento. E condivide.

Ma comprendo l’atteggiamento dei miei critici. Al posto dei consolidati esperti spagnoli della materia, avrei presumibilmente reagito anch’io così, sconcertato. E’ una reazione di sorpresa e forse anche in qualche modo di dispetto. Chi è questo che si permette di scrivere un libro del genere. Sono un outsider, un parvenu. Devo pagare lo scotto. Comunque vengo preso sul serio. Lo so che me lo merito, ma resta un grande onore.

L’articolo di Lafuente è moderato nei toni. Preferisco la recensione di Bada, più estrema, apocalittica, come credo il Viaje meriti. “¿Viaje literario por América Latina? Más bien batida, redada, incluso razzia inmisericorde, si bien hay que ser honestos y confesar que el objeto principal de toda razzia, que no es otro que el botín, en este caso es un botín para el lector, aunque también lo fuera en su momento para Francesco Varanini. Y su libro, además de razzia, es una carga de dinamita en varios casos, o una bomba de espoleta retardada en algunos otros: porque resulta que Varanini se enfrascó en la literatura latinoamericana y la ha leído creo que más y mejor que casi todos nosotros, buceando a profundidades que la crítica peninsular y vernácula jamás se atrevió”. (“Viaggio letterario in America Latina? Piuttosto battuta di caccia, retata, razzia  priva di misericordia, anche se dobbiamo essere onesti e confessare che l’oggetto principale di ogni razzia, che non è altro che il bottino, è in questo caso un bottino per il lettore, anche se lo è stato a suo tempo per Francesco Varanini. E il suo libro, oltre che razzia, è una carica di dinamite in vari casi, o una bomba a scoppio ritardato in altri: perché risulta che Varanini si è calato nella letteratura latinoamericana e l’ha letta, credo, più e meglio di quasi tutti noi, scendendo a profondità alle quali la critica peninsulare e vernacola non si sono mai azzardati”).

Poi Bada non mi risparmia critiche, come quella che ho citato sopra. Ma voglio qui rendere merito al suo acume. Scrive: “Este libro está ordenado por una mente muy sutil. Un cerebro casi cibernético, poblado de datos y con un Search de primera categoría.” Sono lusingato da questa opinione tanto come da quella di Cabrera Infante. Non tanto per il forse ingiustificato riferimento alla mente sottile (qui noto tra parentesi che il senso è rinforzato dall’uso del verbo ordenar: in spagnolo ordenandor è consueta traduzione di computer) , quanto per il seguito. “Un cervello quasi cibernetico, popolato di dati e con un Search di prima categoria”. Bada ha capito che senza l’ausilio del mio ordenador, della mia computadora personal, non avrei mai potuto accumulare i materiali e dipanarli, non avrei mai potuto cercare l’ordine implicito nel testo, non avrei potuto insomma scrivere quel libro.

Trovo anche, in senso lato, anticipato in questa fase il lavoro che mi ha almeno in parte distolto dagli studi strettamente letterari, e ispanoamericani: l’interesse per l’informatica umanistica e la cultura digitale di cui lascio traccia nel blog Dieci chili di perle, e in tanti testi che ho scritto di recente (come questo e questo), e sopratutto in Macchine per pensare, primo libro di una serie dove il terzo volume avrà per tema proprio ciò che cambia nella scrittura e nella lettura, e in genere nella letteratura, quando autori e lettori sono accompagnati da macchine che permettono loro di costruire, decostruire e ricostruire testi altrimenti inaccessibili.